L’uomo ha cercato di migliorare le sue condizioni di vita, sin dalla sua comparsa sulla terra. Ciò rientra nella giusta vivacità della sua mente, fatta per raccogliere sfide e per uscirne vittoriosa, ed è una caratteristica di cui il genere umano dovrebbe andare orgoglioso. Per molto, molto, molto tempo, infatti, ne è andato orgoglioso, ma può essere ancora così…?
Raccogliere le sfide della natura significa prepararsi a sostenerne la prorompente forza d’impatto (per sopravvivere e convivere con esse). L’uomo dei giorni nostri, ormai, non si limita più a fare questo. Si è spinto ben oltre il rapporto consentito tra la natura e le sue creature e ben oltre la linea di demarcazione tra il “cogito ergo sum” e l’esatto contrario di esso. L’uomo dei nostri tempi ha dimenticato il senso e persino l’esistenza di parole come ‘etica’, ‘prudenza’, ‘sopravvivenza’, ‘pensare’, ‘scegliere’; si è costruito un ego a misura di universo, vi si è collocato al centro e si è avventurato oltre frontiere che non avrebbe mai dovuto varcare. Ha partorito mostruosità di cui invano misconosce la paternità (e che lo inseguono, chiamandolo ‘padre’). Ha reso possibili cose terribili, di cui la guerra dell’ambiente è un esempio dalla portata imprevedibile e immensa.
Ogni singolo ingegno dedito allo studio, alla ricerca e alla scoperta non avrebbe mai immaginato l’impiego riprovevole del frutto dei suoi sacrifici (se lo avesse fatto, forse, avrebbe distrutto ogni traccia delle sue scoperte). L’uomo, oggi, grazie agli scienziati (che credevano di fare doni incommensurabili all’umanità) è in grado di scatenare tsunami, terremoti e trombe d’aria di proposito; con l’uso di trivellazioni e di bombardamenti mini-nuke o di vario tipo, è in grado di agire sullo strato di ozono, sulla terra e sul mare; è in grado di rivoltare le forze della natura contro intere popolazioni inermi e innocenti e di provocare catastrofi infinite e vere e proprie apocalissi.
Mai la storia dell’umanità ha conosciuto mostri e mostruosità di simile entità…
La guerra tra popoli è sempre esistita, ma il potere devastante di cui l’uomo contemporaneo si può servire (subdolamente e diabolicamente) sconfigge qualsiasi potenziale descrittivo degl’idiomi terrestri. Coloro che hanno osato arrivare a simili estremi hanno ucciso l’urlo del guerriero/ la tensione scultorea dei muscoli degli audaci tesi nello spasimo della lotta per la vita/ i Gengis Khan della steppa/ gli Achille e gli Ettore del mito/ la carica epica delle cavallerie di tutti i tempi/ l’eroismo dei cuori votati alla morte per spirito di corpo, per una patria-una famiglia-una bandiera/ le strategie che prevedevano un campo di battaglia, impassibile-immemore-immutato-immutabile testimone delle stragi reiterate degli avvicendamenti-formicai umani.
Hanno ucciso anche Superman e gli attacchi in picchiata dell’aquila rostro adunco; hanno spazzato via tutto, insieme alla stessa guerra e ai piccoli uomini che la combattevano. Ciò che hanno lasciato è talmente macroscopico che non può entrare nei piccoli cervelli umani (spesso, purtroppo, abbastanza idrocefali).
Vedere gli esseri umani morire come mosche in tragedie apocalittiche è terrificante, ma doversi anche chiedere se tali tragedie siano volute e/o causate da altri esseri umani è al di là di qualsiasi possibile sopportazione. Sedotta, tradita e vilipesa, la scienza s’interroga sugli alfabeti-saggezza necessari a far rinsavire il bipede umano ormai impazzito. Chi ha ancora un’anima si domanda se esista ancora l’uomo, i. e. se l’essere vivente capace di ‘tanto’ possa ancora chiamarsi ‘uomo’. Sarebbe, forse, il caso di decretare l’inizio di una nuova era ‘abitata’ da una nuova specie dal genoma bacato. Tale specie potrebbe essere chiamata ‘genobaca’. Coloro che non si riconoscono nella specie dei Genobaca e che ritengono di potersi ancora chiamare ‘uomini’ molto avranno da patire e da lottare, se vorranno invertire il count down innescato dai Genobaca. La terra è stata teatro di lotta per la sopravvivenza da sempre ed è arrivata al punto in cui due soltanto saranno gli schieramenti contrapposti, sulla sua superficie sferica: quello dei suoi nemici e quello dei suoi amici. I Genobaca sono nemici della terra e di ogni forma di vita su di essa, gli ‘uomini’ sono gli amici su cui la terra e tutte le forme di vita possono contare. Non resta che chiamare tutti gli ‘uomini’, ovunque sparsi, a prestare servizio attivo, in qualsiasi postazione, e a non cedere terreno agli oppositori, perché la posta in gioco va oltre la piccola monade individuale e anche oltre la monade collettiva estesa al vicinato, alla città, alla regione, alla nazione, alle altre nazioni, al pianeta…
Bruna Spagnuolo