Versi scritti per disdire
Ancora per le edizioni de La Camera Verde (cfr. “vie d’uscita” n. 2) è realizzato un raffinato volume in versi ed immagini, per opera di Marcello e Romano Sambati.
Marcello Sambati, artista il cui impegno e la cui ispirazione rappresentano un esempio nella c.d. “area di ricerca”, soprattutto in ambito teatrale, si esprime nelle pagine di questo libro nella dizione a lui più congeniale: la poesia. Tuttavia l’impressione di lettura è resa maggiormente intensa avendo visto Sambati nello spazio scenico: si immagini una scena spoglia, illuminata da tagli bassi che vanno a sottrarre dal buio il corpo dell’attore, cassa di risonanza per voce e arbitro di gesti minimi. Si possono quindi raccogliere, uno ad uno, i lacerti di una lenta muta, raccolti per non dimenticare che la stagione si afferma quando sta per cambiare. Il corso naturale, il tempo che attraversa e segna sulla pelle - come fosse corteccia - un nuovo intaglio è misura al verso (la voce si umilia, si macera,/ per salvare qualche sillaba dal nulla). L'autore appresta un bagaglio di parole che evochino un paesaggio mentale necessario alla prosecuzione, per muovere passi/ verso un altro inverno. Sennonché niente di ciò che è detto si trova “a vista”. L'oggetto percepito è trasfigurato nella memoria, è già smaterializzato nel momento primo della percezione. Così la parola diventa ultima e definitiva forma di sottrazione. Sambati può confessare: io dico per disdire, perché nel nominare le cose determina la loro assenza. Assistiamo ad uno slittamento della funzione del linguaggio che, anziché comunicare, celebra una sorta di rito: viene allestita una processione in versi per la recita della propria scomparsa e ciò accade perché sia svelata l’illusione. Sottrarre tutto significa sottrarsi all’apparenza: quando tutto è perduto/ il nulla è più distante.
A dialogare con i versi di Marcello Sambati le illustrazioni di Romano Sambati, fratello dell’autore, che vanno a tracciare profili di una figura umana assunta a presenza lunare, testimone di una seduzione obliqua. Il tratto sfiora appena il bianco del cartoncino e viene interrotto/compiuto dalla presenza materica (terra, argilla, garze….) che, se da una parte accoglie il corpo del disegno, dall’altra confonde la presenza di una forma che diviene concrezione. Questa alterazione della superficie piana, anziché appesantire la figura, ne sfuma la linea tanto quanto il tratto, inciso sulla materia, viene in rilievo meno del carboncino o inchiostro posati sul foglio.
È infine da sottolineare la traduzione dei testi in inglese ad opera di Kim Sambati, già impegnata ad offrire la propria formazione di linguista anglosassone a servizio dei testi paterni, a chiudere una trama che sublima il legame di sangue in un tessuto di raro equilibrio tra tenuta e trasparenza.
Giulio Marzaioli
Marcello Sambati
Sul cammino dei passi brevi
La Camera Verde
€ 25,00
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Marcello Sambati è poeta, autore e attore teatrale, oltre che sceneggiatore di cinema e televisione. Nel 1980 fonda a Roma la compagnia Dark Camera, che opera nel teatro di ricerca, e il Teatro Furio Camillo, punto di riferimento delle nuove generazioni teatrali. Ha realizzato numerosi spettacoli in Italia e all’estero (Germania, Austria, Stati Uniti) e ha partecipato a rassegne nazionali ed internazionali. Nel 1998 partecipa come protagonista maschile al film di Stefano Grossi Due come noi, non dei migliori, che partecipa fuori concorso al festival di Locarno nel 1999. Ha pubblicato opere di poesia (Carta dei Respiri 1996; Tavolette Apule 1998; Danze Locuste 2002) e testi teatrali (Eros, Liebe 1991; Prometheu 1998; L’Opera delle Farfalle 2000). Svolge attività di laboratorio in tutta Italia con attori professionisti, principianti e soggetti disagiati, privilegiando la ricerca poetica e l’esplorazione di nuovi territori espressivi. La sua ultima opera, il trittico “Lezioni delle Tenebre” (Dall’oscurità, 2002; L’Incompatibile, 2003; Addio, 2005) esplora una sorta di teatro dell’interiorità.
Romano Sambati, pittore e scultore, nasce a Lequile (Lecce) nel 1938. Compie gli studi artistici presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli con gli scultori Emilio Greco e Augusto Perez. Torna a Lecce nel 1962 e stabilisce il suo studio nella campagna salentina, che da questo momento diventerà una sorta di osservatorio sulla luce e sulla natura. Qui mette a punto le sue ricerche incentrate sulla materia, la natura, il tempo, la trasparenza, la luce, che nel corso degli anni diverranno il suo universo - linguaggio e il repertorio di una personale mitologia, che lo porterannno alla creazione del grande ciclo pittorico sul De Rerum Natura di Lucrezio (1981) e alla riscoperta della scultura nelle Metamorfosi di Ovidio, fino alla progressiva rarefazione dell’immagine e della materia. Il potere evocativo della figura continua ad essere fonte di riflessione nella sua ricerca che sfocia nell’espressione plastica che da corpo alla grande mostra “Il dolore del mito” (Lecce 2003). Con l’ultimo ciclo di opere: Geografie: Paesaggi a sud del sud, ritorna alla pittura. È la luce ora il tema portante della sua pittura, captata in colori impalpabili, in una materia che è essa stessa mare, terra, cielo.