È una bella sfida, quella che ci propone Paola Concia, prima firmataria di una mozione contro l’omofobia e la discriminazione sessuale.
Si tratta di questioni che ci vedono, come radicali, da sempre impegnati e coinvolti.
A metà degli anni Settanta, grazie all’impegno e alla mobilitazione del Partito Radicale, fu possibile varare il nuovo diritto di famiglia, che rispondeva alle domande della società di allora. Allora, come ora, la società cambiava velocemente, e la politica e la legge se ne accorsero in “ritardo”. Il “palazzo” fingeva di non vedere le migliaia di coppie che chiedevano di potersi rifare legalmente una vita, regolarizzare un’unione dopo che la precedente era fallita; o le migliaia di donne che abortivano sotto i ferri delle mammane. In quegli anni si vararono leggi importanti e fondamentali come quella sul diritto al divorzio e all’aborto senza essere penalmente perseguiti; e, appunto, il diritto di famiglia.
L’attivazione dei diritti civili per tutti i cittadini, di maggiore libertà ed uguaglianza di fronte allo Stato e il superamento di vecchie incrostazioni autoritarie, classiste, corporative e clericali, da sempre fanno parte del nostro DNA. Già a metà degli anni Sessanta le questioni della vita personale e della sessualità erano oggetto di dibattito e di iniziativa politica. «In Italia», si legge in una relazione del congresso radicale del 1967, «la tradizione legislativa basata sui concetti di onore e di famiglia indissolubile, l’assenza di una politica demografica, la mancanza di informazione sessuale, la persecuzione dei rapporti amorosi che non abbiano ricevuto la sanzione di un’autorità, sono tutti fenomeni che rivelano il carattere non solo individuale, ma sociale del problema sessuale»; in quell’anno, con l’AIED, si organizzò un convegno dal significativo titolo: “Sessuofobia e clericalismo”, seguito da un secondo su “Repressione sessuale e oppressione sessuale”.
L’articolo 3 della Costituzione garantisce l’eguaglianza dei cittadini, senza distinzione di sesso; la norma è chiarissima; tuttavia generalmente si tende a darne una interpretazione in senso riduttivo, dimenticando che il sesso non è solo un dato naturalistico, ma anche un orientamento psicologico, una scelta che impegna tutta la personalità. L’articolo 3 della Costituzione, in sostanza, protegge di fatto le scelte sessuali dei singoli, la cui libertà assume un vero e proprio rilievo costituzionale. La battaglia per la difesa di questi diritti non è di carattere pietistico, o una difesa corporativa di una categoria; si tratta piuttosto di una lotta contro la più generale repressione sessuale, che coinvolge tutti; perché queste forme particolari di repressione finiscono con il costituire uno strumento formidabile per la clericalizzazione della società.
C’è insomma l’esigenza di una nuova codificazione dei diritti di libertà: che conservi un carattere aperto, dinamico all’interno di un discorso complessivo sulle libertà civili; e ponga in primo piano la tutela di quanti sono, in qualche modo, privi di rappresentanza: chi non ha nome o voce per far valere le sue ragioni, e spesso viene presentato come “deviante”, esposto così all’emarginazione e al disprezzo dei cosiddetti “normali”. Solo una scelta di questo tipo garantisce dai rischi di una codificazione chiusa e burocratica, e consentirà di prestare attenzione a tutte le forme di emarginazione e di oppressione che si producono nella nostra vita associata. Si tratta di un impegno che come parlamentari radicali intendiamo pienamente onorare.
Maria Antonietta Farina Coscioni
deputata radicale – Partito Democratico
(da Notizie radicali, 19 maggio 2008)