Leggo sul sito del Corriere della Sera che a Torino nell'ambito di una manifestazione sono state bruciate, in segno di protesta con la decisione degli organizzatori della Fiera del Libro di Torino di invitare come paese ospite Israele, le bandiere del piccolo stato ebraico.
Un gesto da cui ha immediatamente preso le distanze l'Unione delle Comunità ebraiche italiane tacciando il fatto come “inammissibile in uno stato democratico” e come “una vera e propria censura culturale”.
Già da tempo sulle pagine culturali dei principali quotidiani italiani e sul web si discuteva relativamente all'invito di Israele alla fiera del libro in modo pacato e civile.
Ne era scaturito un dibattito interessante e sicuramente costruttivo nel quale entrambe le fazioni avevano potuto esprimersi liberamente (qui un resoconto dettagliato).
Non credo, come hanno sostenuto molti, che la politica debba restare fuori dalla letteratura, in fondo il ruolo della letteratura e degli scrittori è raccontare la realtà, il nostro mondo e la politica, volenti o nolenti, fa parte della nostra vita.
Penso invece che invitare Israele alla fiera del libro possa essere un momento per sviscerare alcune questioni tutt'ora irrisolte e per discutere con gli scrittori del problema Israele-Palestina.
Ieri invece con questo atto di profonda inciviltà l'Italia, ancora una volta, perde l'occasione di dimostrare di essere un paese ospitale e aperto al dialogo nei confronti di tutti.
Io spero che la contestazione ritorni su un piano democratico, sulle colonne dei giornali, sui blog e siti internet, ma non nelle piazze e soprattutto non con questi gesti.
Francesco Giubilei
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