Parto con un esempio: la lettera di Peyretti a Napolitano (qui in Diario di bordo, 30/04/2008 - ndr): essa rappresenta un corretto e formale esercizio di cittadinanza, sono d'accordo; proviamoci e vediamo se riceviamo risposta nel senso di non avere una parata militare. Intanto raccogliamo informazioni su tutte le proposte e iniziative che già furono fatte, da quando i radicali contestavano la sfilata a quando pacifiste e pacifisti interrompevano il corteo o lo fiancheggiavano con striscioni antimilitaristi. Possiamo metterci anche la mia proposta di ricordare che il 2 giugno non è la festa delle Forze armate bensì quella della Repubblica (lo scrissi a Repubblica non so quanti anni fa, la lettera fu pubblicata con gentile e favorevole commento di Scalfari e la cosa restò lì); tornai a dire che si poteva celebrare ogni anno una regione o una categoria di cittadini, le casalinghe, i contadini, le infermiere, i metalmeccanici ecc. ecc., uguale risposta. Successivamente proposi più volte, e infine nel mio programma elettorale, di trasformare il 2 giugno in qualcosa che assomigli al 14 luglio francese, però ballando ovunque, e non solo a Roma e usando tutti i parchi e i giardini pubblici e non solo quelli del Quirinale per mangiare all'aperto invitando i migranti a stare con noi e a scambiare i cibi delle varie tradizioni culinarie in segno di convivialità e accoglienza. Risposta solo da Rosangea Pesenti. Poco male.
Proposta di Peyretti cui aderiamo prontamente e altra proposta di sostituire la sfilata militare con una parata civile: aderisco anche a quella benché a me le parate non piacciano anche se civili.
Adesso propongo formalmente che quando vien fatta una proposta la si valuti e la si giudichi secondo i seguenti parametri: se è giusta, se è legale, se è simbolicamente ricca, se è interprete chiara delle nostre posizioni e decisioni.
A me sembra che possiamo quest'anno appoggiare le proposte formulate, tutte e tre: lettera, parata civile, festa popolare e balli e cibi in comune con i e le migranti. Non sono incompatibili.
Se non riceviamo risposta alle due proposte rivolte alle autorità, ci impegniamo per il prossimo anno a fare solo la nostra, che si configura come uno sciopero (rifiuto di prestazione) che dà origine a un altro modo di festeggiare, cioè che avvia la costruzione di un'altra società dove non ci dovrebbero essere né Quirinali, né gerarchie e invece feste condivise.
Ecco cosa poteva intendere Rosa quando proponeva inascoltata e derisa (spontaneista! movimentista! utopista!) per il mutamento rivoluzionario non la conquista violenta del Palazzo d'inverno, non le riforme, ma “lo sciopero generale ad oltranza” nel corso del quale costruire “una nuova società” da aver pronta quando il capitalismo in crisi ci presenterà il conto; “socialismo o barbarie”.
Impegniamoci ogni volta a rifiutare ciò che è ingiusto, a praticare ipotesi azioni pensieri comportamenti più umani, rispettosi delle persone, civili, teneri, gentili, allegri, sobri, pacifici, egualitari.
Lidia Menapace