Punti e spunti per una riflessione già in parte avviata, e che è necessario proseguire.
1) «Se il prossimo governo non inserirà nella propria agenda l’emergenza penitenziaria non potrà non ricorrere ad un altro atto di clemenza». Così, l’altro giorno, la UIL-penitenziari. Un grido d’allarme, un appello che naturalmente nessuno ha ritenuto di dover cogliere e valorizzare. Risulta che il dato in crescita degli ingessi in carcere sia ormai un dato consolidato e costante. Di questo passo, la border line di “quota” 62 mila detenuti sarà toccata entro la fine dell’anno. Questo significa il rischio di implosione del sistema penitenziario, con le prevedibili, inevitabili tensioni e possibili rivolte che ne deriveranno. Occorrerebbe intervenire strutturalmente, e siamo in grave ritardo. In caso contrario, «è realistico immaginare che un nuovo indulto non appartenga alla fantascienza ma alle necessità possibili», dice Eugenio Sarno, segretario generale della UIL-penitenziari.
2) Il 20 per cento delle strutture carcerarie in uso è stato costruito nel periodo che va dal 1200 al 1500; un altro 60 per cento è stato costruito nel periodo oscillante tra il 1600 e il 1900. per le strutture che versano in condizioni di fatiscenza e inciviltà nel 2007 sono stati stanziati appena tredici milioni di euro per la manutenzione, a fronte dei quaranta stanziati nel 2000.
3) Nelle carceri italiane ci sono più imputati che condannati. Ogni dieci detenuti, sei sono in attesa di giudizio. Soltanto 20.190 degli oltre cinquantamila detenuti è stato condannato. Circa il 38 per cento è costituito da stranieri, circa 19.600. Percentuale che in alcune realtà supera addirittura il 70 per cento dei presenti, per esempio nei “complessi” carcerari di Alessandria, Fossano, Macomer, Padova, Parma e Trento; il 23,4 per cento è costituito da tossicodipendenti, grosso modo uno su quattro. Questi dati li si ricava dall’ultima “mappatura” curata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. L’indulto ha liberato oltre 25mila persone. Così dai 61.264 detenuti del 30 giugno 2006 si era passati al minimo storico dei 33.326 nel settembre 2006. Una preziosa boccata d’ossigeno, di cui si sarebbe dovuto profittare per quelle riforme e quelle politiche che consentissero finalmente di cominciare a uscire dalla grave crisi in cui la giustizia italiana ormai cronicamente si dibatte. Un’occasione purtroppo sciupata; e fin dall’inizio, quando non si è fatto il successivo, logico, necessario passo: quello dell’amnistia. La situazione, oggi, è tornata al punto di partenza, e nelle nostre carceri ci sono oltre settemila persone in più rispetto la capienza. E si deve, per paradosso, ringraziare la altrettanto cronica inefficienza di perseguire i crimini (le relazioni annuali dei Procuratori Generali documentano come la stragrande maggioranza di reati resta impunita), se, infatti, per paradosso tutti gli autori di reati fossero assicurati alla giustizia, il sistema in un solo giorno “collasserebbe”. Ad ogni modo, se la situazione è tornata a quella pre-indulto, lo si deve alle attuali leggi sulle droghe, sull’immigrazione e sulla recidiva, che hanno continuato a far aumentare gli ingressi in carcere, con un incremento di circa un migliaio di persone al mese. La capienza regolamentare di 43.149 posti è stata superata il 30 giugno 2007, con 43.957 presenze, ed è continuata ad aumentare fino alle 48.693 unità del 31 dicembre, e le oltre 50mila del 21 febbraio 2008. Senza il provvedimento di indulto oggi saremmo alla cifra record di 72.000 detenuti.
4) Un dato tipico della popolazione carceraria italiana è quella dei detenuti in attesa di giudizio. Sono il 60 per cento circa, più dei condannati: complice la lentezza dei procedimenti penali nel nostro paese. Tra i condannati, il 29,5 per cento sconta una pena per reati contro il patrimonio, il 16,5 per cento contro la persona, il 15,2 per cento per violazione della legge sulle droghe, il 3,7 per cento per reati contro l’amministrazione, il 3,2 per cento per associazione mafiosa. Le donne rappresentano il 4 per cento dell’intera popolazione carceraria, per loro non vale il problema del sovraffollamento: sono 2.278 su 2.358 posti disponibili. Tuttavia esiste il problema delle detenute madri con bambino al seguito, di età inferiore ai tre anni. I detenuti stranieri sono il 35 per cento della popolazione. Nel 1990 erano solo l’8 per cento. Per lo più si tratta di africani. Il 23,4 per cento dei detenuti è tossicodipendente e il 4 per cento in trattamento metadonico. Un altro 2 per cento ha problemi di alcolismo. Per quanto riguarda la durata delle pene, il 31,9 per cento dei detenuti sconta pene inferiori ai tre anni, e potrebbero beneficiare – almeno in astratto – delle cosiddette pene alternative. Il 21,3 per cento sconta pene tra i tre e i sei anni, il 46,8 per cento sconta pene di durata superiore.
5) C’è anche un problema di carenza di personale di polizia penitenziaria. Il segretario generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria (SAPPE) Donato Capace, ricorda che mancano circa settemila agenti: 4.425 uomini e 335 donne. Le carenze più consistenti si registrano in Lombardia (1.200 unità), Piemonte (900 unità), Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Liguria.
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 22 aprile 2008)