Su Fawza Falih pende una condanna a morte per stregoneria. Oggi, in Arabia Saudita. Arrestata nel 2006 sulla base delle testimonianze dei vicini (uno dei quali sarebbe diventato impotente a causa delle arti malefiche di Fawza), la donna è stata costretta a firmare con l'impronta delle dita una confessione estorta a minacce, che non è neppure in grado di leggere, perché è analfabeta.
Si è difesa in tribunale, raccontando il modo in cui è stata costretta a “confessare”, ma senza successo. Secondo i giudici del tribunale di Quraiyat, la morte di Fawza sarebbe di «pubblico interesse» e «intesa a proteggere il credo, le anime e le proprietà di questo paese». Molto spirituale questo intessere insieme fede, anime e beni immobili, rivelatore direi. Il pene inservibile dell'uomo stregato è da annoverare fra questi ultimi? Solo per curiosità.
D'altronde l'Arabia Saudita non ha un Codice penale (ha una legge sulla procedura giuridica emanata nel 2002 che garantisce a malapena il diritto di difesa), quindi le sentenze dipendono spesso dal capriccio del giudice, che può allontanare gli avvocati difensori dall'aula a sua discrezione e non ha l'obbligo di cercare l'evidenza dei reati. Dio lo ispira, naturalmente, e tanto basta.
Liberateci dalle vostre superstizioni, uomini di (poca) fede. Voi giocate con le astrazioni, noi perdiamo la vita. Liberate Fawza, che se pure cantasse incantesimi da mane a sera non vi ha fatto alcun male. Riconoscete il sacro nei suoi occhi, nelle sue mani, nel suo respiro. E inchinatevi ad esso. Nulla di lei vi appartiene.
Fonti: Arab News, Associated Press, International Herald Tribune.
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 18 febbraio 2008)