Personaggi che fuggono, personaggi che preferiscono vivere di notte, personaggi che si sentono addosso i tratti stereotipati dell’universalità. L’esiliato, il condannato, l’impiegato dalla carnagione spaventosamente bianca, il pittore filosofo, l’isolato: su tutti loro si accaniscono il volto oscuro della solitudine e un senso di opprimente estraneità che li costringono a cercare una possibile via di uscita nella morte, nella vendetta più spregevole, nell’evasione dalla realtà, nell’arte.
Accanto a queste tipologie ve ne sono altre, altrettanto vittime dei propri sentimenti e delle proprie emozioni: ne sono un esempio la giovane attrice che viene tragicamente punita per il suo amore adultero, o l’impiegato violento che, felice di comunicare alla famiglia la sua promozione, non trova più nessuno ad aspettarlo a casa.
E ancora, persone che si illudono di trovare l’amore spirituale in un rapporto esclusivamente carnale, persone che vivono felici nell’attesa di un piccolo gesto che li riscuota dal loro eterno torpore, persone che istaurano un legame viscerale con il luogo in cui sono confinate tale da renderlo a propria immagine e somiglianza, persone che reagiscono alla solitudine con la ricerca del calore umano, o con il rigido possesso, persone che scelgono la via dei sogni e dei ricordi piuttosto che la concreta quotidianità.
I personaggi di questi brevi racconti sono tutti vinti, sconvolti e oltrepassati dalle loro stesse emozioni, siano esse dettate tanto da sentimenti positivi quanto da sentimenti negativi. La solitudine regna sovrana, diviene sia causa che effetto del loro essere e delle loro azioni, e genera un senso di estraneità totale dal quale è impossibile riemergere se non attraverso un gesto estremo quale il suicidio, la fuga, l’abbandono.
Vicende profonde come quella della giovane che torna a casa dopo anni in occasione del funerale della madre e trova ad aspettarla solo l’ostilità e il mancato riconoscimento dei suoi parenti illustrano al meglio l’intento originario di Salari: quello di mostrare come spesso l’emozione nasca dal sentirsi estranei in un contesto che dovrebbe essere tra i più trasparenti e familiari.
Infatti, come l’autore stesso riporta, con Il Novellino «[…] siamo in presenza di un costante intreccio tra vita vissuta e non vissuta, familiarità ed estraneità. Ed è solo dal cortocircuito che si crea tra familiarità ed estraneità che nasce l’emozione».
Velia Ivaldi