Tu guarda cosa sento oggi alla televisione. Fidel si fa da parte. Largo ai giovani! scrive. Eccheccazzo, mica sono eterno. No, eterno no. Ma durare hai durato parecchio. Mi pare che sei capo di Stato dal 1959, mica poco. E ora sento la mesa redonda, quella specie di programma politico dove sono tutti d’accordo ma fanno finta di fare un dibattito, leggono una lettera, ché da quando stai male t’avanza un sacco di tempo e lo passi scrivere. Il moderatore (pure se alla mesa redonda da moderare c’è poco mica litiga nessuno) dice che hai preso in seria considerazione l’ipotesi di metterti da parte, mica vuoi chiudere la strada a persone più giovani, hai comandato abbastanza, a tutto c’è una fine e poi bisogna essere conseguenti fino in fondo, come un tale che fa l’architetto, vive in Brasile e c’ha quasi cent’anni.
Ti basta scrivere un po’ di articoli sul Granma, fornire esperienza che proviene da un’epoca eccezionale, quella prima del muro quando il mondo era diviso in due e c’erano i comunisti e i fascisti, tu pensa. Adesso che sono tutti uguali hai trovato una strada nuova, quella ecologica no global, aggrappato a Chávez, amico un tanto al barile che accoglie alfabetizzatori e medici rivoluzionari. Fidel scrive al popolo e usa la mesa redonda, il programma che fa sganasciare dalle risate tutto il popolo, ché da quando è scappato Carlos Otero resta la trasmissione più comica della televisione cubana.
Mica lo dice quando si fa da parte, in fondo c’ha solo ottantun’anni e il fratellino settantasei, sono due ragazzini, ma c’è gente più giovane di loro, non possono tarpare le ali ai ragazzi, devono provare pure loro cosa vuol dire comandare una rivoluzione. Tanto per dire c’è Mariela Castro che si dà un gran da fare, manca solo di memoria, poverina, soffre di amnesie giovanili, dice che Cuba è sempre stato un paradiso per i gay, pure ai tempi delle Umap, pure quando Arenas marciva in galera, pure quando mettersi un orecchino e indossare i jeans significava essere antisociali. Se questi sono i giovani meglio i vecchi, penso. Ma mai disperare. Verranno tempi migliori.
Alejandro Torreguitart Ruiz
L'Avana, 18 dicembre 2007
Traduzione di Gordiano Lupi