(A 14) Porto Sant’Elpidio è una lunga lisca di case: chilometri e chilometri da un capo all’altro. La periferia nord è chiamata “Svizzera”.
Dal Chienti al Tenna, Da La Corva al mare. Cercando nei giorni più belli... la Jugoslavia. Che non vidi mai.
Ma alle spalle del paese, alle mie, in uno di questi giorni radiosi ultimarono il viadotto dell’autostrada.
E’ la “A 14”. Era il ’73. E quell’arcobaleno di pietra, acciaio non fu mai - almeno per me - soltanto la stampella gigante di un sistema viario. Piccole troppo piccole le automobili. E ancora più piccoli gli esseri umani dentro, invisibili.
Sei qualcosa di talmente grande che può contenere tutta la mia gioia.
Sei qualcosa di talmente alto che non finirò mai di salire.
Eppure - sembra incredibile - un giorno d’estate - guidato dalla nonna, tenendo per mano il fratellino - inerpicandoci lungo il sentiero che dallo stagno al confine della “Svizzera” porta a La Corva, arrivammo in cima.
Un piazzale d’asfalto con tavolo, alcune sedie e una capanna. Noi 3, noi 3 soltanto. L’autostrada, vuota. Verso nord - verso nord.
Dove porti? Dove mi porti? Verso Tradate, Pogliana, Varese - dove sono nato? Verso la Svizzera, quella vera?
Ma no, non è ancora tempo.
E fisso l’Adriatico, le piattaforme petrolifere al largo. La Jugoslavia - dove il maresciallo Tito sta preparando la sua sfortunata costituzione - non si vede neppure da qui.
Poche volte non ho fatto schermo al sole come quel giorno: il grande padre mi aveva fatto salire sulle sue spalle e aveva spalancato il sipario della creazione.
Poi, con delicatezza, senza fretta, ci fece scendere fino alle sue caviglie possenti.
E, mentre accompagnava il sole dietro le spalle, ci guidò per mano fino alle braccia di nostra madre.