La notizia arriva improvvisa e lascia tutti esterrefatti. (Il giorno 31 ottobre 2007, in località Lacco Ameno, si è suicidato uno studente di 14 anni, D. G., impiccandosi a un albero; il ragazzo frequentava il Liceo classico statale "G. Scotti" di Lacco Ameno, Ischia, Napoli). La violenza ancora una volta miete le sue vittime e colpisce senza indugio.
Perché ci si chiede… come se fosse facile rispondere anche se la risposta è palese ed è sotto gli occhi di tutti.
Allo sgomento iniziale, subentra la rabbia e la disperazione per ciò che è accaduto, per ciò che si sarebbe potuto forse evitare.
La scelta di morire di un ragazzo pone sotto accusa l’intero sistema educativo, la famiglia o chi per essa e l’intera società.
È l’atto ultimo di un sistema di valori in crisi che ci colpisce e che non lascia spazio a giustificazioni.
Non passa giorno che la cronaca non riporti gesti di violenza di adulti, di ragazzi, di giovani.
La violenza colpisce tutti i settori della vita pubblica e privata; siamo una società malata? E quando abbiamo perso i nostri valori, quando ci siamo divisi fino al più completo isolamento? Non ci siamo accorti che il sistema è cambiato e con esso le regole di vita? Non ci siamo accorti che il sistema si è velocizzato e che non riusciamo a tenere il passo? Non abbiamo visto che i nostri figli crescono più in fretta di noi un tempo e che si crea uno scollamento generazionale? Non ci siamo resi conto che tutto deve essere recuperato, modificato e riadattato a seconda dei bisogni e delle necessità? Un disagio e un malessere insidiosi serpeggiano e investono giovani e adulti nelle rispettive sfere sociali. L’incomunicabilità e l’indifferenza regnano sovrane. L’avere ha preso il posto dell’essere e l’immagine si propone come sostanza.
Questa immane tragedia, questa morte insensata, che colpisce le nostre coscienze, ci impone di fermare la nostra corsa folle e di ripensare a una ricostruzione del sistema di vita ed essenzialmente di quello educativo. Mai come in questo periodo si sente parlare di atti di violenza che investono la scuola; adulti e studenti si lasciano andare ad atti che minano alla base i valori del sistema educativo; gesti indicativi di uno stato di degenerazione, di insoddisfazione, di una scarsa educazione ai comportamenti. La scuola è specchio della società che non dà sicurezze, certezze, che non soddisfa le richieste, che crea un clima di malessere generale.
Forse siamo ancora in tempo a rimediare se tutti consorziati ripensiamo a cambiamenti radicali nei settori della vita sociale. La scuola deve ridiventare luogo di accoglienza, di ascolto e di partecipazione attiva e operativa di tutte le componenti; luogo di sapere e di comunicazione; luogo deputato alla formazione, al rispetto della dignità della persona, del singolo e della collettività; luogo di preparazione alla vita e ai suoi valori; luogo d’incontro con tutte le forze che vi operano e in primis con le famiglie o chi per esse per sapere e intervenire in tempo; luogo di curiosità e di interessi multipli, di utilizzo di strategie e metodi rinnovati per migliorare capacità, per recuperare lacune, per consentire a tutti di procedere senza traumi verso l’attesa gratificazione.
La scuola si deve porre come trait d'union tra la famiglia e le istituzioni che devono rispondere concretamente alle aspettative di tutto il personale che in essa opera ed essere solleciti ad investire nella cultura e ad operare a beneficio degli studenti con leggi mirate a una scuola di qualità che dia loro una completa formazione “Sapere e saper fare” e che li prepari all’inserimento nel mondo del lavoro.
Lo studente che non è adeguatamente preparato, se non sorretto, perde lo stimolo e l’interesse allo studio e rischia la noia e la frustrazione; lo studente bravo diventa scomodo per chi non è alla pari con rischio di angherie e paure che portano tristezza, malinconia, angoscia fino al rifiuto del sistema con la scelta dell’atto estremo.
La scuola non è luogo di confronti tra i più bravi e i meno abili ma un’unità in cui ognuno dà a seconda delle proprie capacità, stimolato dalla novità, dalla curiosità, dall’interesse e dalla valorizzazione di ciò che ottiene sia all’interno della scuola che fuori di essa.
Noi adulti dobbiamo riconsiderare il nostro comportamento e insegnare i valori della vita con l’esempio del nostro operato, della vita di relazione, delle nostre espressioni; i ragazzi ci guardano e imitano i nostri modelli e il nostro linguaggio; dobbiamo creare un clima di fiducia e di serenità col dialogo e la comunicazione e arginare, parlandone, il triste fenomeno del bullismo, indice di fragilità latente.
I giovani giudicano le nostre scelte che non sempre si coniugano con le loro, allora diamogli il ruolo che gli spetta, rendendoli partecipi del nostro operato sia nel pubblico che nel privato e dando spazio alle loro idee.
Qualcuno penserà che queste sono frase dette e ridette ma lo scopo è di creare una sorta di solidarismo resistenziale contro decisioni così gravi e assurde.
La morte violenta, scelta da un adolescente, riflette il fallimento di un’intera società e dei suoi modelli educativi: quando un campo di fiori reclina il capo è la natura che non risponde più al richiamo dell’uomo e dove non c’è amore, non c’è futuro, dove non c’è sorriso non c’è speranza.
In questa società del silenzio, adulti e ragazzi procediamo su linee parallele che non s’incontrano; gli adulti alla ricerca di ciò che hanno perso, i giovani alla ricerca di ciò che non hanno o che non hanno mai avuto e tanti interrogativi restano aperti: Dove abbiamo sbagliato? Come possiamo rimediare? Il tempo della ragione deve prevalere sui principi difformi ed errati; riprendiamo i nostri ruoli nelle diverse sfere educative e diamo loro la serenità che un giorno gli promettemmo.
È forse un’utopia? È solo un invito per ripensare insieme.
Tanti e troppi sarebbero ancora gli elementi da considerare per raddrizzare il sistema scolastico che vacilla sempre più, ma chi si sente coinvolto in questa problematica, continui il discorso e forse con il contributo di tutti si potrebbero trovare giusti rimedi per evitare che si ripetano atti che ci destabilizzano in una visione opprimente.
Anna Lanzetta