COSE CHE SUCCEDONO
La scelta è tra la premiazione del concorso di poesia Ugo Tassoni e l’andare a tampinare le ragazze che passeggiano mezze nude grazie all’estate in arrivo.
Passa la poesia.
– Mi sembra più che giusto nei tuoi confronti –, dice Mino. – In queste occasioni si possono sempre conoscere le persone giuste, portati dietro qualche racconto, qualche poesia; a casa mettiti davanti allo specchio e ripeti ce la posso fare o qualche cazzata del genere, dicono che funzioni. Sei arrivato terzo ma fa niente, e poi ricorda che è la prosa il tuo punto forte; magari domani ti trovo in libreria con Einaudi.
– Mah –, dico poco convinto.
Nel giro di mezz’ora siamo davanti alla sala dove si svolge la premiazione.
– Ho sete –, dice Mino, – credi che ci sarà qualcosa da buttare giù? Che ne so, del vino, della birra, mica chiedo tanto.
– Senti, mi raccomando, poche cazzate, siamo a una premiazione di poesia, cerca di stare tranquillo, non bere non fumare non dare addosso alle ragazze.
Intanto siamo dentro. La sala è gremita.
– Quali ragazze? – fa Mino. – Sono tutti vecchi. Guarda che mummie.
I capelli bianchi e radi la fanno da padrone. Sul palchetto un brizzolato stretto in una giacca color topo e minacciato di strangolamento da una orrenda cravatta, armeggia col microfono. Ma sedute su due delle numerose sedie preparate davanti al palco due bonazze da urlo si guardano attorno. Bionda quella in minigonna con stivali vertiginosi, mora quella con labbra carnose e sguardo da infarto.
– Un attimo, un attimo, ritiro subito, qualche ragazza c’è eccome, guarda là che roba. Quelle due mi mandano fuori… e poi come cazzo si sono vestite! Bisognerà cominciare a frequentarli, questi posti… guarda la mora, come fa a stare in quei jeans? Sono una seconda pelle. E là in fondo c’è pure da bere, andiamo a vedere cosa offre la casa.
Cominciamo a brindare, i bicchieri sono pieni di vino fino all’orlo. Già qualcuno ci guarda male ma il rosso va giù più che bene.
Secondo giro di alcool.
– Ti aiuterà con le ragazze –, spara Mino.
– Siamo qua per la premiazione…
Terzo giro con schizzi di vino che macchiano la mia maglia.
– Niente paura, dà quel tocco in più –, fa Mino.
– Merda, ci sbattono fuori.
– Stronzate, qua sono tutti poeti, l’estro è di casa.
Il tipo brizzolato intanto dà qualche colpetto sul microfono: – Prego, signori, accomodatevi pure, fra qualche istante cominceremo la manifestazione.
Sorride a più non posso.
Intanto noi prendiamo posto alla sinistra della bionda e della mora, una fila subito dietro loro.
– Guarda –, mi sussurra Mino, – guarda che tette. La bionda è mia, ok?
– Ok –, biascico fissando la mora e gradualmente mi convinco che il motivo della mia presenza là seduto è lei, mentre la poesia e la premiazione si fanno sempre più lontane nella mente.
Il brizzolato sul palco comincia a parlare al pubblico, che nel frattempo ha preso posto sulle sedie, ma la sua voce è un ronzio lontano, comincio a fantasticare sulla mora, me la porto fuori in macchina, me la porto in bagno, ci chiudiamo e cerchiamo di fare meno rumore possibile. Continuo a guardarle le gambe, le labbra.
– Ehi –, mi sussurra Mino.
– Che c’è
– Attento”
– Che vuoi
– La balena. Ti ha adocchiato
– Che balena. Cazzo dici
– La balena, là. Il rinoceronte
Seguo il suo sguardo e mi ritrovo occhi negli occhi con una cicciona occhialuta che ha in testa un cespuglio rosso a fare da capelli.
– Merda –, sussurro a Mino spostando all’istante gli occhi. – È in linea d’aria con la mora. Cazzo, quella crede che stia guardando lei!
– Niente panico, falle cenno che non ne vuoi
– E come?
– Muovendo il capo leggermente verso destra, come a dire non rompermi i coglioni voltati dall’altra parte
Eseguo le istruzioni di Mino ma mi esce un’espressione assurda, il movimento del mio capo non è deciso e può dare adito a interpretazioni differenti. Me ne rendo subito conto. Infatti la Balena mi sorride, l’ha preso come un invito.
– Ho paura –, faccio presente a Mino.
– Ma va', magari ci dà giù forte, che ne sai. Insomma, è un po’ la tua donna dello schermo. Come Dante con Beatrice, mica da ridere
– Devo fuggire, appena possibile me ne vado
– E io? – fa Mino.
– Che ne so, prenditi la bionda, magari anche la mora, fatti dare un passaggio. Io voglio solo andarmene.
Intanto sul palco c’è il primo ospite. Un poeta polacco trapiantato in Italia che fa dell’ermetismo la propria bandiera, discretamente conosciuto nel suo paese, praticamente nessuno nel nostro. La cosa deve dargli un fastidio cane. Guarda il pubblico con fare severo, con cipiglio di sfida.
Poi comincia.
– Ahhhhhhhhhhh! – è un urlo improvviso il suo. Noto la bionda sussultare sulla sedia. Alcuni anziani fra il pubblico si sono presi paura.
– Bolle di sapone questa vita di ferrooooooooo! Bolle di sapone per volare col merloooooooo! Ahhhhhhhhhhhh! Un urlo nel mio cuore, mi dissolvo col vaporeeeeeeeee!
Poi più niente.
La gente in sala è imbarazzata, nessuno sa come reagire. La Balena si volta e cerca i miei occhi. Li evito con accuratezza. Sul palco interviene il brizzolato, afferra maldestramente il microfono.
– Un applauso per il Maestro che ci ha regalato una deliziosa interpretazione della sua Bolle di sapone.
Un flebile batter di mani si solleva poco convinto nella sala.
Il Maestro Polacco non è soddisfatto della reazione del pubblico, è evidente. Non dice nulla, ma il suo sguardo è eloquente. Un misto di disprezzo, rabbia, disperazione. Ha uncinato l’asta del microfono. E non la molla.
– Grazie Maestro, può andare –, lo sollecita il brizzolato.
Niente. Il Maestro Polacco stringe ancor più le nocche al metallo. Manca poco e poi o comincerà a urlare o piangerà. Per ora sta muto: è un silenzio di protesta, il suo.
– Grazie Maestro, può liberare il palco, ora.
Brusio nella sala. Il Maestro Polacco non molla la presa.
Il brizzolato allora decide di usare le maniere forti e ingaggia un duello fisico col polacco cercando di trascinarlo via. Ma il Maestro è di stazza importante e non molla il microfono né si muove di un millimetro.
Il brusio in sala cresce. Qualcuno si alza, la Balena ne approfitta per ammaliarmi con lo sguardo. Forse è il momento buono, sto per alzarmi e andarmene fuori verso la libertà, quando la mora lascia i suoi occhi nei miei. Mi paralizza. Dentro quello sguardo c’è di tutto. Sesso, desiderio, follia, fuoco e qualcosa di più. In un secondo devo decidere il destino della mia giornata. E mi rendo conto all’istante che il timore di ritrovarmi di fronte la Balena è inferiore rispetto allo scombussolamento che la mora mi ha provocato fin nelle più recondite viscere. In un attimo mi alzo, approfitto della confusione creata dalla lotta sul palco, nonché dal vuoto formatosi accanto alle due bonazze, con una piroetta d’applauso scanso e supero la sedia davanti a me, ora vuota, e mi ritrovo faccia a faccia con la mora. Da vicino i suoi occhi sono ancor più deleteri di quanto avessi immaginato. Mi dicono: ce ne hai messo, e ora che farai? Cerco lo sguardo sopraffino e disincantato di Jim Morrison per dirle: non ti preoccupare che ti sistemo io.
Afferrarle la mano e trascinarla via mi viene naturale come stappare una Becks. Con la coda dell’occhio noto il Maestro Polacco avere ormai la meglio sul brizzolato. Ora, oltre all’asta del microfono, ha afferrato anche la gamba destra del brizzolato, e non pare avere intenzione di mollarle. Il pubblico, radunato per gran parte attorno al palco, comincia a fare il tifo. Mi schiero spontaneamente dalla parte del polacco, ennesimo artista incompreso dal grande pubblico.
Intanto la mora, sorpresa dalla mia audacia, mi dice: – Sei pazzo? Che fai?
– Ti prendo e ti porto via. – Giusto per citare Ammaniti e far vedere che sono uno che legge.
– Ma tu sei pazzo. – Nella sua voce una nota di divertimento.
– Forse è vero. Pazzo di te.
Con una foga mai avuta prima spalanco la porta del bagno, mi ci infilo dentro assieme alla mora e chiudo a chiave. Siamo nella toilette delle donne.
La mora infila le sue pupille nelle mie per poi abbassare ad arte, finta imbarazzata, le sue lunghe ciglia non appena sostengo il suo sguardo. La cosa mi fa bollire il sangue nelle vene.
Decido di passare all’azione ma non so da dove cominciare; capelli, viso, gambe, culo, tette, ogni parte del suo corpo dovrebbe avere la priorità. Lascio libero l’istinto e sparo: – Non ho mai visto una bellezza simile,
– Eh, esagerato. – Sorriso compiaciuto e malizioso.
– Non esagero mai su queste cose. – Ma che cazzo mi viene fuori.
– Non sono poi tutto questo granché… – Falsa spudorata.
– Ma se non riesco più a tenermi. – Fissandole il seno.
– E chi ti chiede di tenerti? – Guanto di sfida.
Neanche una frazione di secondo e le sono addosso, sbattiamo contro il muro di fianco al cesso.
– Scusa –, faccio.
– Ma quali scuse, continua così…
È un consiglio che trovo saggio e decido all’istante di seguirlo. Fuori dal bagno si odono dei rumori. Non ci do peso. Cerco di sfilarle la maglietta. È troppo attillata, faccio una fatica bestia. I rumori fuori aumentano. Qualcuno bussa alla porta.
– Occupato –, dice la mora.
Da fuori non desistono.
– È occupato, cos’è, siamo sordi? – sbraito mentre la maglietta della mora vola per terra e ciò che mi si para davanti meriterebbe un minuto di raccoglimento.
Le cose si stanno facendo seriamente interessanti, i battiti del mio polso aumentano considerevolmente, ma con essi anche i colpi alla porta. Qualcuno da fuori ha cominciato ad assestarle delle spallate.
– Ma cosa cazzo… – comincio senza avere il tempo per finire la frase. La porta viene giù. Davanti a noi troneggia, con una furia omicida sul volto, la Balena. È una bestia inviperita.
– Tu! –, mi sputa addosso indicandomi.
– Calma… –, mi esce.
Sguardo della mora (terrorizzato e confuso) sulla Balena.
Sguardo mio (impaurito e sconfortato) sulla Balena.
Sguardo della Balena (incazzato) su di me, (sprezzante) sulla mora.
– Con questa puttanella! –, urla la Balena.
– Innanzitutto… –, cerco di riordinare le idee.
– No, è che io… – tergiversa la mora.
La Balena che si schiocca le nocche delle dita.
La mora che raccoglie la maglietta e si copre rapidamente il seno.
Io che comincio a incazzarmi per la piega che ha preso la situazione.
– Tu, via di qua! –, la Balena alla mora, senza accettare repliche.
– Tu, rimani qua –, io alla mora, senza troppa convinzione.
– Tu sei fuori –, la mora a me, senza perder tempo.
In un attimo sparisce dalla mia vista. Tutto quel ben di Dio che si allontana mi mette una rabbia straripante addosso. Davanti a me rimane la Balena. Non mi resta che affrontarla da uomo.
– Innanzitutto –, ripeto cercando per la seconda volta di riordinare le idee, ma con più decisione stavolta.
– E ora a noi due –, la minaccia della Balena.
Quella sera stessa siamo io e Mino davanti al solito bancone del solito pub con le solite due birre di fronte.
– Insomma, l’apparenza inganna –, dico tra una sorsata e l’altra.
– Pazzesco – fa Mino. – Una bionda del genere… bella anche la mora, eh, niente da dire. Ma la bionda… una bomba sexy mai vista prima, vestita come la più scafata delle spogliarelliste… e cosa mi combina? Vuol arrivare vergine al matrimonio. Non mi ci far pensare. Di quanta grazia siamo costretti a privarci…
– Già.
– E la Balena invece? Quando vi rivedete?
– Domani, credo. – Bevo un altro sorso. – Mai trovato prima ragazza simile, mi tocca ripetertelo. Cento chili di passione allo stato puro. Da non credere. E ci si parla pure. Mi ha chiesto se ho mai visto niente di Truffaut. Truffaut, ci credi?!
– Incredibile – fa Mino. Anche lui sorseggia la birra. – Strana la vita. Mah. Sono cose che succedono. A volte.
– Già. A volte succedono.
Francesco Dell’Olio