INTERVISTA A TIZIANO SALARI
Per chiarire ulteriormente i punti salienti del pensiero e delle problematiche affrontate da questo autore ho pensato di inserire anche un’intervista: ho posto al poeta e critico alcune domande, riguardanti i nodi principali della sua concezione, alle quali egli ha molto cortesemente risposto. I concetti emersi contribuiscono a fornire un ulteriore quadro del mondo poetico e della concezione dell’essere di Tiziano Salari.
Intervista
D: Lei sostiene che la poesia e la letteratura rischiano di essere ingabbiate in forme codificate e condizionate dai poteri. Pensa che le forme alternative di divulgazione e discussione come Internet possano spezzare questa “normalizzazione”?
R: Quando si parla di “codificazioni” e di “poteri” bisogna intendersi, nel senso che non si tratta di volontà determinate a condizionare (ingabbiare) la poesia e la letteratura, quanto di statuti del sapere, che sono radicati nella tradizione, nell’organizzazione delle facoltà universitarie, nello sviluppo autonomo ed egemonizzante della tecnica che relega a funzioni sociali marginali sia la poesia che la filosofia. Per quanto riguarda la letteratura il condizionamento più grande è quello che deriva dal mercato librario, dalla logica dominante del best seller, dall’essere, per così dire, un riflesso subalterno del cinema e della televisione. Tutto ciò è quanto avviene alla superficie, sotto gli occhi di tutti. Che dietro, nel silenzio, ci sia un lavoro di scavo di chi prende atto della fine della tradizione occidentale, e ricerche di nuove forme di conoscenza e di comunicazione, non deve farci dimenticare che si tratta di un’opera destinata a rimanere minoritaria. Quando la poesia, la filosofia, e la letteratura universale saranno totalmente disponibili in Internet (già oggi siamo a buon punto), questa contrazione nello spazio-tempo di un clic non rappresenterà che il punto estremo del processo di globalizzazione a cui siamo tutti passivamente soggetti. Esistono linee di fuga, ma solo nella consapevolezza che non si tratta altro di una resistenza a farsi inglobare. Mi viene, a questo proposito, in mente un aforisma di Nicolàs Gomez Devila. «Chi non volta le spalle al mondo attuale si disonora». L’unico modo per conservare l’onore è dunque quello di mantenere un’idea alta di poesia e di letteratura ,che è certo una battaglia onorevole anche se già perduta.
D: La sua costante ricerca di un percorso comune tra filosofia e letteratura dimostra che la poesia non è sufficiente e che lei tende ad una nuova modalità espressiva?
R: Secondo Severino «nella sua essenza la filosofia contemporanea è la distruzione inevitabile della tradizione filosofica e dell’intera tradizione dell’Occidente». Ma anche la poesia è giunta alla stessa fase della distruzione inevitabile della sua tradizione occidentale. E anzi mai, come nella nostra epoca, filosofia e poesia sono state implicate nelle stesse problematiche. In primo luogo si prenda la differenza tra concetto e sua espressione linguistica che, secondo varie declinazioni, va sotto il nome di differenza. Le scritture filosofiche tendono sempre di più ad esprimersi in linguaggio analogico, metaforico. Nietzsche,Bergson, Husserl, Heidegger, Derrida, Deleuze. La stessa tradizione che Severino vede tramontare, indicando in Leopardi e in Nietzsche il culmine nichilistico della stessa vede due poeti (o due filosofi non tradizionali) assurti allo stesso rango di pensatori. Ora, quello che a me interessa, non è tanto risalire attraverso la tradizione, fino alle origini, e trovare i momenti di unità e di separazione di Poesia e Filosofia, quanto capire perché, in un’epoca di distruzione della tradizione, questo rapporto si sia fatto più stringente, fino a una sovrapposizione d’intenti, di linguaggi, di comune ricerca del senso. Si tratta di capire come la vita tenti di farsi intelligibile attraverso il linguaggio, e come procedano unitariamente Poesia e Filosofia in questo compito di trasparenza ,in cui tentano di ritrovare la loro unità originaria. Oggi infatti non è la verità, ma la vita l’obiettivo che congiunge insieme Filosofia e Poesia. Siamo dunque in un’epoca dopo la filosofia e dopo la lirica, in un campo che potremmo definire provvisoriamente,della scrittura, della trascendenza della scrittura rispetto alla vita.
D: Le ragioni per cui lei intraprende un viaggio sono sempre e soprattutto di natura letteraria, oppure adotta altre motivazioni e criteri?
R: Un conto sono i viaggi poetici e letterari, di cui ho parlato nel mio Pellegrino babelico, e che avvengono sui libri, un altro sono i viaggi per vacanza o diporto, sui quali si può anche riverberare una luce poetica, che ho cercato di ricostruire nei miei articoli su Manhattan, Pietroburgo, Trieste presenti nel sito Tellusfolio in Internet, e su altre città del mondo, e che sono appunto nati da viaggi turistici in quelle città.
D: Lei nelle sue opere tratta spesso la problematica della corsa della nostra società verso il Nulla e l’autodistruzione: in questi ultimi anni ha trovato soltanto ulteriori motivi di conferma di questa tesi, oppure ritiene che nelle nuove generazioni possa essere riscontrata una diversa sensibilità poetica e letteraria che possa riscattare, almeno in parte, questa tendenza “suicida” della società moderna?
R: «The time is out of joint». È l’amara conclusione di Amleto dopo l’incontro col fantasma del padre assassinato che gli ha chiesto di vendicarlo. Il mondo è fuori di sesto. E immediatamente dopo sembra che gli gravi addosso come una condanna la responsabilità di rimetterlo in sesto. «O cursed spite, -that ever I was born to set it right».
Perché il mondo è sottosopra e deve essere restaurato l’ordine? O meglio perché i tempi sono scombinati o schiodati ed è una maledetta noia che proprio io sia chiamato a raddrizzarli? Da una parte abbiamo un assassino e un usurpatore, Claudio attuale Re di Danimarca, e dall’altra il giovane nipote Amleto, figlio del re assassinato. Tutta la questione sembra limitata a un intrigo di corte, di quelli che accadevano innumerevoli nelle corti medievali e rinascimentali, in cui si combattevano fra loro fratelli e cortigiani, con l’immancabile contorno di donne complici o vittime dei raggiri. E allora perché la tragedia lo solleva in una luce cosmica in cui i tempi fuori di sesto appaiono come l’immagine di una linea tirata a squadra verso un punto preciso che di colpo deborda e si mette a zigzagare impazzita? E perché i tempi vengono ad essere una sola cosa con il mondo ed è quindi il mondo che esce dai suoi cardini insieme al tempo?
Ecco, per il poeta il mondo è, come per Amleto, sempre fuori di sesto. Ma il poeta non si dà il compito di raddrizzarlo. Di fronte a lui si svolge l’eterna tragedia della vita di uomini incatenati come nella caverna di Platone. Ogni poeta degno di questo nome (così come ogni filosofo) è una specie di speleologo che, calato in questa caverna, registra lamenti, stridori di catene, grida di terrore o di gioia. Talvolta riesce a fondere il proprio sentire con il sentire comune, talvolta invece si sente isolato e crede di aver sbagliato pianeta e tempo per la sua apparizione. Anzi questa è in genere la condizione del poeta nella modernità. Come Amleto, il poeta si sente straniero in questo mondo. Leopardi l’aveva esemplificato nella figura del passero solitario che canta isolatamente rispetto agli uccelli della sua specie, Baudelaire nella figura dell’albatros, catturato e deriso dagli uomini dell’equipaggio, le cui ali di gigante gli impediscono di camminare sulla tolda della nave, così come il poeta è incapace di adattarsi alla vita comune. O viene toccato da una sorta di divina follia come Friedrich Hölderlin dopo aver cantato la fuga degli dei dal mondo. Più ci si avvicina al Novecento questa condizione diventa sempre più lacerante. La terra desolata s’intitola uno dei poemi più significativi del secolo. Ma poi le cose si complicano ulteriormente, fino alla possibilità della sopravvivenza stessa della poesia.
D: Per quanto riguarda la sua produzione di critica letteraria, lei collabora molto con altri scrittori e critici, e ha un rapporto molto interattivo e collaborativo con tali scrittori e anche con gli autori contemporanei di cui recensisce le opere. Volevo chiederle se questo significa che il rapporto tra critica e oggetto della critica dev’essere, secondo lei, più dialettico e interattivo, e se significa, quindi, che lei si trova in disaccordo con il modo in cui è stato concepito finora il ruolo del critico.
R: Per quanto riguarda la critica letteraria, la rimando alle mie Asine di Saul in cui si prospetta la possibilità di fare della critica che abbia un valore autonomo anche rispetto ai testi di cui si occupa, una critica d’arte che abbia un suo valore d’arte, in altre parole. Purtroppo oggi la critica (salvo casi rarissimi) è soltanto concepita come subalterna ai testi, una critica di servizio, in genere fatta per compiacere o segnalare opere di amici o per sudditanza nei confronti delle case editrici maggiori.
BIBLIOGRAFIA
Opere di Salari
Raccolte poetiche
Grosseteste e altro, Forum/ Quinta Generazione, Forlì
Alle sorgenti della Manque, L’Angolo Manzoni Editrice, Torino, 1995
Strategie mobili, Anterem Edizioni, Verona, 2000
Quotidianità della fine, Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza, 2004
Il Pellegrino Babelico, Anterem Edizioni, Verona, 2001
Opere di argomento filosofico
Attualità e inattualità di Spinoza
“Verità e Poesia nell’Etica di Spinoza”, Foglio Spinozi@no
“Approfondimenti: Spinoza e il mimetismo del desiderio”, Foglio Spinozi@no
Opere di critica letteraria e poetica
Sotto il vulcano: studi su Leopardi e altro, Rubbettino Editore, 2005
Il Grande Nulla. Percorsi tra Otto e Novecento, Editrice Tirrenia Stampatori, Torino, 1998
“La notte o della gioia tragica”, articolo pubblicato prima su Le asine di Saul, Anterem Verona, 2002, poi sulla rivista Capoverso, Edizioni Orizzonti Meridionali, 2003 e, infine, sulla rivista Transfinito, luglio 2006
“Tiziano Salari, gli dei di Manhattan”, articolo scritto per la rivista Tellusfolio, settembre 2006
“Tiziano Salari, il sogno di Petroburgo”, articolo scritto per Tellusfolio, ottobre 2006
Le asine di Saul, Anterem Edizioni, Verona, 2002
“Le tentazioni di Marsia”, scritto in collaborazione con Mario Fresa per la rivista Transfinito, agosto 2006
“Giorgio Bonacini. Quattro metafore ingenue: lettura di Tiziano Salari”, recensione scritta per Tellusfolio, luglio 2006
Il grido del vetraio. Dialogo sulla poesia, scritto con Mario Fresa, Nuova Frontiera, Salerno 2005
Opere su Salari
Riguardo alle raccolte poetiche
frammento di “Guida ai poeti italiani degli anni Ottanta”, di Stefano Lanuzza (riguardante Grosseteste)
articolo di Sapos riguardante “Alle sorgenti della Manque”, realizzato per Alla bottega, 1996
recensione di Sandro Montalto riguardo a “Strategie Mobili” per Il Segnale, 2002
recensione di Mario Fresa su Quotidianità della fine
recensione di Aldo Ferrarsi a Il Pellegrino Babelico, realizzata per Microprovincia, 2002
Riguardo a opere di critica letteraria e poetica
recensione di Gilberto Isella su Sotto il vulcano, realizzata per il Giornale del popolo, 2006
recensione realizzata da Roberto Rossi Precerutti riguardo a Il Grande Nulla per Poesia, 1999
articolo riguardante Il grido del vetraio (Nuova Frontiera, Salerno, 2005), realizzato dal direttore di Transfinito, Gian Carlo Calciolari, 2006
Diego Bruni
(3 - fine)