KABUL. Sabato scorso, il Presidente afgano Hamid Karzai (foto) ha ratificato una nuova versione della proposta di legge sull’amnistia per i crimini di guerra commessi durante gli ultimi 28 anni di conflitto interno, dall’invasione sovietica del 1979 al presente. La versione iniziale della proposta di legge intendeva concedere un’amnistia totale a tutti i combattenti che hanno preso parte alla resistenza contro l’Unione Sovietica e alla guerra civile che ha avuto inizio dopo il ritiro dell’Armata Rossa. In seguito, Karzai ha chiesto alla Camera bassa del Parlamento di rivedere la proposta e di aggiungere che le vittime dei crimini hanno il diritto di appellarsi alla giustizia. La nuova legge concede l’amnistia, ma permette ai singoli cittadini di sporgere denuncia contro i presunti criminali di guerra. Tuttavia, nell’Afghanistan di oggi, violenza, povertà e clientelismo rendono iniziative di questo genere quantomeno improbabili.
Per quanto riguarda i crimini di guerra commessi dopo la caduta del regime talebano, la proposta di legge stabilisce che «le organizzazioni e gli individui che combattono il governo possono usufruire della legge sull’amnistia a patto che abbandonino la resistenza, si uniscano al processo di riconciliazione nazionale, e rispettino e osservino la costituzione della Repubblica Islamica dell’Afghanistan». Sono esclusi da questa formula «gli individui ricercati per crimini contro la sicurezza nazionale», un riferimento al mullah Omar ed al leader ribelle Gulbuddin Hekmatyar.
Karzai ritiene che l’amnistia sia un male necessario per calmare le ire dei guerriglieri e promuovere un processo di riconciliazione nazionale. Dopotutto, l’autorità del governo afgano non si estende molto lontano da Kabul e dagli altri capoluoghi di provincia, mentre gli incessanti scontri armati impediscono la ricostruzione del paese e alimentano le divisioni etniche. Inoltre, il governo afgano non ha mai avuto la benché minima intenzione di processare i criminali di guerra dato che alcuni di questi criminali sono oggi membri del parlamento.
Nelle fasi iniziali della democratizzazione dell’Afghanistan post-talebano, i paesi occidentali hanno accolto molti signori della guerra nel governo ad interim per prevenire un nuovo ciclo di lotte intestine e stabilizzare il paese. Ma bisogna ricordare che durante la guerra civile, alcuni di questi personaggi guidavano milizie talmente brutali che molti afgani accolsero con gioia l’ascesa dei talebani. Ora quegli stessi signori della guerra siedono in parlamento, godono dell’impunità e continuano ad essere implicati nella produzione e nel traffico d’oppio. Karzai fa del suo meglio, ma si trova alla guida di un paese dove lo stato di diritto è ai minimi termini e la riconciliazione nazionale sembra un lontano miraggio.
Federico Manfredi
(da Notizie radicali, 13 marzo 2007)