Con qualche giorno d’anticipo sulla celebrazione della giornata europea del 9 maggio i giochi si sono chiusi e le liste dei candidati alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo di Strasburgo sono bell’e pronte. Il prossimo Europarlamento dovrà occuparsi di questioni vitali per il comune destino dei Paesi appartenenti all’Ue, come la transizione green, una politica di difesa e sicurezza comune e nuovi vincoli di bilancio. Dossier aperti che richiederebbero una selezione delle migliori menti del Continente, ma che la maggior parte delle forze politiche ha di nuovo ignorato preferendo gettare nella mischia candidati di scarsa levatura o nomi ’di grido’ col solo scopo di raccattare qualche preferenza in più.
I casi più eclatanti sono quelli di Ilaria Salis e di Roberto Vannacci. La prima, che con un’eventuale elezione uscirebbe dall’incubo del carcere ungherese in cui è detenuta con modalità da dittatura sudamericana, può essere la chiave di volta per garantire all’Alleanza Verdi Sinistra di superare la soglia di sbarramento del 4%. Dal canto suo il generale sarà in lizza per la Lega in tutte le circoscrizioni elettorali al solo fine di attirare quei voti di estrema destra che servono come l’aria a Matteo Salvini per non sprofondare nei consensi e subire il sorpasso da parte di Forza Italia. Due figure molto diverse, e controverse, come assai differenti sono i motivi delle loro candidature: da un lato c’è la scommessa del ’due piccioni con una fava’, rischiosa perché se l’insegnante non dovesse farcela la sua candidatura diventerebbe un gradito regalo al governo di Orban; nell’altro caso siamo alla solita ’bestia’ salviniana, con un candidato messo lì per fomentare i bassi istinti della parte più estrema e meno acculturata dell’elettorato. Entrambi hanno però in comune la possibilità di diventare europarlamentari in due partiti che avranno pochi eletti, togliendo il posto a qualcuno più adatto a ricoprire il ruolo. Nella Lega molti dirigenti sono furiosi e hanno già annunciato che non sosterranno il militare-scrittore improvvisato, ma anche tra i Verdi c’è chi non è convinto dell’opportunità di schierare la Salis a scapito di politici più navigati.
Un’altra operazione che sa di presa in giro degli elettori è la candidatura dei leader che in Europa non andranno mai, come Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Elly Schlein e Carlo Calenda, sebbene non tutti in ogni circoscrizione elettorale, oltre a Matteo Renzi, l’unico non capolista. È una pratica non nuova che per molti analisti rappresenta una mancanza di rispetto verso gli elettori e uno sfregio alla democrazia, ma che viene giustificata dai diretti interessati con la narrazione del condottiero che guida il suo esercito alla vittoria. Il problema è che i segretari in campo portano per forza di cose a un ridimensionamento dei temi comunitari e di quei candidati che su tali questioni avrebbero qualcosa da dire, riportando la campagna elettorale alle puerili beghe interne e distogliendo l’attenzione dall’Europa.
In questo squallido panorama elettorale fanno eccezione il pur altalenante leader del M5S Giuseppe Conte e Emma Bonino, la quale sotto la bandiera degli Stati Uniti d’Europa ha raccolto un gruppo che più di configurarsi quale dichiarata lista di scopo appare come il tentativo compiuto da + Europa, Italia Viva, socialisti, lib dem e Volt per superare insieme l’altrimenti invalicabile quota di sbarramento. Le auto candidature indipendenti di soggetti espressione della società civile sono comunque passate al vaglio dei vertici delle varie componenti, con l’intento di impedire l’elezione di personaggi sopra le righe. Per quanto riguarda la nostra provincia, non conforta constatare che una sola candidata, la leghista valchiavennasca Silvana Snider, è scesa in campo.
Ora non resta che attendere l’esito del voto, forse decisivo per le sorti di un’Europa malata ma che potrebbe andare verso un’auspicabile e definitiva guarigione.
Guido Monti