Tra poco più di due mesi i cittadini europei saranno chiamati al rinnovo del Parlamento europeo, una scadenza fondamentale per il destino dell’Ue. Anche se non è possibile una previsione certa, gli analisti danno in forte ascesa i populisti e gli euroscettici, in particolare nei Paesi dove si sono già tenute le elezioni politiche, ma non solo. Le tendenze evidenziate danno per possibile una mutata composizione dell’aula di Strasburgo e persino la costituzione di una nuova maggioranza nell’europarlamento, non più composta dal solito triumvirato rappresentato da democratico cristiani, socialisti e liberali e costituito invece da popolari, conservatori ed antieuropeisti. In questa direzione sarebbero benvenuti sia i partiti di centrodestra che le alleanze con la destra estrema. Molti temono però che, nonostante i numeri, abbandonare l’alleanza coi socialisti, con cui ha governato sinora, costringerà il Ppe ad essere ’ricattato’ da forze conservatrici che mettono in discussione le fondamenta della solidarietà europea e dello stato di diritto.
Giorgia Meloni, ormai indirizzata ad un restyling in chiave moderata del suo partito Fratelli d’Italia, se a giugno verrà confermato l’oltre 30% di voti previsti potrebbe decidere di tornare alle origini una volta insediata all’Eurocamera dal voto popolare, anche se non di persona nel probabile caso in cui dovesse rinunciare all’incarico (e poi ci si lamenta se gli elettori preferiscono disertare le urne perché si sentono presi in giro da opzioni non rispettate, ndr).
L’unica certezza in presenza di incerti scenari politici è che circa la metà dell’elettorato effettuerà la sua scelta solo a pochi giorni dalle elezioni. E resta pure certo che ci troviamo in un anno di svolta dove si imporrà necessariamente un diverso andamento dell’Unione europea, a prescindere da chi uscirà vincitore dalla consultazione di giugno, in vista della quale l’unica autentica novità appare la partecipazione della lista di scopo per gli Stati Uniti d’Europa proposta da Emma Bonino, un’idea lungimirante che si spinge al di là degli angusti confini nazionali. Per quanto sfugga a molti, qualche trasformazione è già in atto, come ad esempio l’ambiziosa Convenzione per la riforma dei trattati europei che, dopo l’approvazione da parte del Parlamento europeo avvenuta in novembre, dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) passare all’esame del Consiglio europeo, dove però rischia di arenarsi a causa dei consueti veti intergovernativi. Purtroppo questo tema viene spesso confinato ai margini dell’attualità ed è percepito dall’opinione pubblica come una questione troppo tecnica e poco comprensibile per essere presa nella dovuta considerazione. L’augurio è che con l’avvio della nuova legislatura europea il processo di integrazione possa compiere un decisivo salto di qualità verso una maggiore unione.
Guido Monti