Il tempo dei patrioti non è arrivato in Spagna, come invece aveva auspicato Giorgia Meloni. Alla leader di Fratelli d’Italia, e premier del governo italiano, non è rimasto altro da fare che inviare un messaggio di consolazione all’amico e omologo segretario di Vox. Se c’è una lezione che si può trarre dall’esito del voto spagnolo è che flirtare con la destra non è vantaggioso, e se non lo è stato in terra iberica non lo è neppure in Italia e tantomeno in Europa, dove la discussa ’maggioranza Ursula’ (dal nome della Von Der Leyen) costituita da democratici, liberali e socialisti tutto sommato continua a reggere. Le elezioni politiche spagnole hanno spiazzato quanti, a destra e all’estrema destra, si sentivano già vincitori, ma pure quelli che erano pronti a salire ossequienti sul loro carro.
I popolari hanno vinto, però di stretta misura, i loro possibili alleati di Vox non hanno sfondato, rimediando soltanto 33 seggi contro i 51 della consultazione precedente, mentre i socialisti di Sanchez non solo hanno tenuto ma guadagnano due seggi in più e Yolanda Diaz, a capo del movimento di sinistra Sumar erede di Podemos, è arrivata a ridosso dell’estrema destra con 31 seggi. È difficile ipotizzare quale governo possa nascere, tuttavia se a sinistra non si può cantar vittoria dall’altra parte le bandiere pronte per festeggiare il successo sono state riposte per un’altra occasione. Occorre sì brindare, però non per la rinnovata contrapposizione tra progressisti e conservatori, chiusa in un ristretto recinto ideologico, bensì per la reale alternativa presente sul campo, ovvero quella fra la competizione tra gli stati e la collaborazione tra di loro, fra il ritorno ai miti nazionalisti e nostalgici del passato e l’avanzamento verso nuove prospettive democratiche e federali. Il pericolo sovranista c’era e rimane perché la sinistra è spaccata, priva di idee e in crisi di consensi mentre la destra riesce comunque a mantenersi in sella cavalcando gli umori popolari e soffiando spesso sul fuoco.
In questa situazione l’Europa si trova al bivio e presto dovrà scegliere la strada su cui indirizzarsi. Così com’è adesso appare incompleta e risulta inutile attendersi qualcosa dal Consiglio europeo, in mano ai governi nazionali e reticente a cedere parte del proprio potere alla Commissione e al Parlamento europeo eletto direttamente dai cittadini. Una svolta può venire soltanto su iniziativa di Paesi come la Francia, la Germania e l’Italia che costituiscono l’embrione di quell’Europa libera e unita propugnata da statisti quali Monnet, Schuman e Spinelli che ritenevano dovesse essere esplicitamente federale. Occorre ripartire dalla loro lungimiranza, oltre che dalla capacità e coraggio di concepire un futuro diverso e pacifico per i popoli europei. Ai Paesi citati, ai quali si è poi aggiunta la Spagna, spetta il compito di ritrovare lo spirito dei padri fondatori mettendo le redini alla spagnola Vox, alla francese madame Le Pen, alla tedesca Alternative fur Deutschland e alle nostre Fdi e Lega, tutti dichiaratamente euroscettici quando non apertamente anti europei. L’impegno comune deve essere quello di imboccare liberamente un percorso che nessun attuale trattato europeo può impedire: l’avvio di un processo federale per creare un nuovo soggetto politico europeo in grado di proteggere i nostri popoli fratelli, garantire il benessere, assicurare un giusto equilibrio mondiale e impedire il pericolo di devastanti conflitti. Questo è il concreto profilo dell’Europa che occorre delineare per rimediare a un presente fragile e incompleto e allontanarsi definitivamente da un passato fallimentare e colmo di spargimenti di sangue.
Giuseppe Enrico Brivio - segretario della sezione “Ezio Vedovelli” Valtellina-Valchiavenna del Movimento federalista europeo
Guido Monti - responsabile del Comitato provinciale per l’Europa di Sondrio