Auschwitz - Birkenau rappresenta il massimo di efficienza operativa di abietti esecutori carichi di sadismo e crudeltà. Costituisce il fiore all’occhiello per un paranoico antisemita quale Hitler. La “soluzione finale del problema ebraico” arrugginisce il cervello dei nazisti. Qui vengono eliminate circa 1.400.000 ebrei, tra i quali molti bambini, sui 6.000.000 complessivamente trucidati. Qui muore Anna Frank, autrice di un Diario che fa storia, vi sopravvivono Primo Levi, che scrive il libro autobiografico Se questo è un uomo, Liliana Segre e poche migliaia di altri.
Quando, il 27 gennaio 1945, i militari dell’Armata Rossa irrompono nel campo di sterminio di Auschwitz, lo spettacolo che si presenta ai loro occhi è raccapricciante. Basti dire che il loro comandante, un uomo rotto a tutto, attore di una guerra divenuta crudele, quella tra tedeschi e russi, dove ormai non si fanno più prigionieri; ebbene, alla vista di quei corpi ischeletriti, di quegli occhi affossati, di quegli sguardi assenti, il comandante si getta in ginocchio e si mette a piangere come un bambino.
Da allora sono trascorsi parecchi anni, ma le testimonianze dirette dei pochi scampati all’eccidio non sono tantissime. L’ultima di queste testimonianze sul più crudele campo di sterminio nazista è costituita da un libro che s’intitola La bambina di Auschwitz ed è edito da Newton Compton. Lo ha scritto Tova Friedman, di origine polacca, oggi residente negli Stati Uniti. Ha 85 anni, viene deportata nel campo di sterminio di Auschwitz all’età di sei anni, per approdare in America dopo la liberazione. Qui, all’età di dodici anni, avverte il bisogno di parlare del proprio vissuto, ma nessuno è disposto ad ascoltarla. Neanche i suoi familiari. Probabilmente ritengono irrealistico quanto talvolta riesce a dire sulla sua esperienza.
Non c’è da meravigliarsi di questo fatto. È successo a tanti altri. A Roma, tanto per citare un esempio, i reduci di quel terribile campo di sterminio, per quello che dicono, sono considerati un po’ matti, e li si evita. Così, come per tanti altri, anche Tova si rinchiude in se stessa, non cita più il campo di sterminio, quanto ha visto, quanto ha subito. È solo dopo il processo al criminale di guerra Adolf Eichmann, rintracciato in Argentina e portato in Israele, dove viene processato e condannato a morte, che l’opinione pubblica comincia a rendersi conto dell’estrema fondatezza di quanto affermato dai pochi reduci. Ma ritorniamo a Tova Friedman, dopo che ha taciuto per anni. Intervistata dalla giornalista Anna Lombardi, sul venerdì di Repubblica del 7 luglio 2023, dice: «Solo negli anni ottanta ho cominciato a raccontare in pubblico cosa mi era accaduto. M’invitarono in un college: fu terribile, iniziai a piangere. Ma quando alzai gli occhi vidi visi attenti e rispettosi. Sentii solidarietà, empatia. Fu liberatorio. Da allora racconto la mia storia nelle scuole».
Successivamente, stimolata dai tanti nipoti, racconta gli orrori dell’Olocausto e la sua storia su TikTok, il social più seguito dai giovani. La risposta dei lettori, per fortuna sua e di tutti, si dimostra subito molto elevata. Infine, Il settimanale riporta anche una foto di Tova con altri bambini che, subito dopo la liberazione del campo, opportunamente stimolati, mostrano i tatuaggi subiti ai fotografi.
Sergio Caivano