Frida Kahlo e Diego Rivera: è una delle più travolgenti storie d’amore e passioni dell’intera storia dell’arte.
A Padova, al Centro Culturale Altinate San Gaetano, fino al 4 giugno 2023, una grande corale mostra racconta i due artisti messicani, assurti ai miti a livello planetario. Padova sarà l’unica tappa italiana di uno storico tour mondiale. Promossa dall’Assessorato alla cultura del Comune di Padova, la mostra è organizzata dalla Vergel Foundation, Mondo Mostre e Skira, in collaborazione con l’Istituto National de Bellas Arte y Literatura (INBAL), con la curatela di Daniela Ferretti.
Il nucleo fondamentale delle opere giunge dalla celeberrima collezione statunitense di Jacques e Natsha Gelman.
Magdalena Carmen Frieda Kahlo Salderòn nasce a Coyocàn un quartiere di Città del Messico, nel 1907, da madre messicana e padre tedesco. Di salute cagionevole fin da bambina - a sei anni si ammala di polmonite e il piede destro le rimane leggermente deformato - Frieda, o Frida come si firmerà, sogna di diventare medico. Agli anni di scuola risale il suo primo incontro con l’opera di Diego Rivera, celebre muralista, che stava dipingendo un’opera sui muri dell’Esquela National Preparatoria. La sua vita cambia nel 1925, quando la giovane resta vittima di un terribile incidente: tornando a casa da scuola l’autobus su cui viaggia si scontra con un tram, Frida viene trapassata da una delle sbarre di ferro del bus. Trasportata in ospedale ci rimarrà per un mese, sopravvivendo miracolosamente alle ferite riportate.
Nei giorni di degenza, comincia a dipingere (in precedenza aveva preso solo qualche lezione di disegno) e si dedica soprattutto all’autoritratto, trovando nella propria immagine riflessa in uno specchio posto davanti al letto una comoda e disponibile modella. L’amore per l’autoritratto non l’abbonderà mai. Iscritta al Partito comunista messicano, incontra nuovamente Rivera che sposerà l’anno seguente. La loro relazione durerà - tra alti e bassi, separazioni e riappacificazioni - fino alla morte della pittrice.
Con Rivera, Frida condivide la passione per la politica - quando lui ne sarà espulso anche lei lascerà il partito - l’impegno sociale, l’amore per la cultura precolombiana, le tradizioni popolari messicane e la carriera artistica. Nonostante la comunione di interessi e di intenti tra i due, Frida sviluppa uno stile personale, autonomo dal linguaggio del marito.
Dopo aver vissuto per qualche tempo negli Stati Uniti, per alcuni impegni di lavoro di Rivera, i due tornano in patria, stabilendosi in una nuova casa a San Angel. Per Frida è un periodo difficile: dopo la terza gravidanza interrotta i medici le tolgono la speranza di diventare madre; i dolori per la deformazione della gamba destra sono notevolmente aumentati, obbligandola a sottoporsi a un intervento in cui le vengono amputate alcune falangi del piede.
Aggrava la crisi personale della pittrice e la relazione amorosa che Diego, incapace di restarle fedele, stringe con la cognata, Cristina. Il doppio tradimento della sorella e del marito portano la pittrice a riflettere profondamente sulla propria vita e sul proprio comportamento sociale. Da quel momento nascerà una nuova Frida, più libera e disinibita, capace di intraprendere relazioni extracuniugali - come farà con lo scultore americano Isamu Noguchi e, secondo alcuni, con Lev Trotzkij - di andare a vivere da sola a Los Angeles, di divorziare da Rivera e risposarsi con lui l’anno successivo e, soprattutto, di buttarsi a testa bassa nel mondo dell’arte dove comincerà a mietere i primi successi. Delusa dal gruppo surrealista che l’ha invitata a Parigi, Frida prede le distanze dall’Avanguardia di Breton e compagni. Le sue motivazioni, oltre che dettate da personali antipatie, vertono sulle differenze tra le sue opere e quelle surrealiste: «Non ho mai dipinto sogni», spiega lei stessa, «quella che io ritraggo è la mia realtà».
Il governo messicano le tributa numerosi riconoscimenti; nel1946 il Ministero della Pubblica Istruzione le assegna il premio nazionale di pittura. Ma la sua salute peggiora, le operazioni alla colonna vertebrale si susseguono nell’arco di pochi mesi, nel 1950 ne subisce sette trascorrendo nove mesi in ospedale. Nel 1953 le viene amputata la gamba destra fino al ginocchio. L’anno seguente ormai stremata, Frida si ammala di polmonite e muore nella “casa azzurra” di Città del Messico, dov’era nata e dove aveva passato la maggior parte del suo tempo, oggi trasformata in un museo a lei dedicato per volontà di Diego Rivera.
L’arte di Frida Kahlo è un racconto biografico quanto lo sono le pagine del suo celebre diario. Attraverso la rappresentazione, sanguinante, lacerata, ferita, decorata di fiori, cosparsa di chiodi e di frecce, la pittrice ci parla di sé, delle proprie ossessioni, del mondo che la circonda. Il suo sorprendete linguaggio, moderno, aggressivo, affine a certi esiti del Surrealismo mediati con la forza e i colori della tradizione messicana, resta un unicum nel panorama artistico del XX secolo.
M.P.F.