I fatti accaduti la notte di Capodanno a Milano, dove alcune ragazze sono state aggredite verbalmente e sessualmente da gruppi di maschi adolescenti o neomaggiorenni, e altri recenti episodi simili, inducono a riflettere su due questioni: il tema della consapevolezza e quello della prevenzione.
Molti di quei giovani non si sono neppure resi conto, probabilmente, della gravità di ciò che stavano facendo e delle conseguenze che le loro pesanti molestie avrebbero provocato sullo stato psicologico delle ragazze da loro prese di mira così vigliaccamente.
Strettamente collegato al tema della consapevolezza è perciò il problema di come insegnare a noi maschi, fin da piccoli, rispetto ed empatia verso tutti; di come farci comprendere le opportunità e i limiti che caratterizzano i rapporti interpersonali, specialmente con il genere femminile.
Uno strumento, un ausilio significativo in questo senso è disponibile e noto a tutti: si tratta di istituire, già dalla prima o seconda elementare e fino al completamento dei cicli scolastici, un corso di educazione all’affettività e informazione sulla sessualità. Da anni se ne discute, se ne illustrano i potenziali benefici, nessuno solleva apparentemente obiezioni, ma non lo si mette mai realmente in pratica. Per quale motivo? Forse qualcuno, un qualcuno presente trasversalmente nella società, teme di perdere potere, teme di non riuscire più a influenzare in un certo modo -maschilista e reazionario- le giovani generazioni.
In quanto cittadini e ancor più come genitori, dovremmo fare costantemente pressione su governo e parlamento affinché inseriscano, in modo chiaro e permanente, l’educazione all’affettività e l’informazione sulla sessualità nei programmi scolastici: è una battaglia di civiltà da portare avanti, e vincere.
Michele Tarabini