Palermo – Da quando è iniziata la tragedia del coronavirus si è assistito quasi giornalmente ad un nuovo dibattito: tamponi sì tamponi no, dosaggio delle immunoglobuline con test rapido sì o no, utilizzo delle mascherine all’aperto sì o no.
Il quesito del giorno è: il virus si diffonde nell’aria sì o no; se sì, è pericoloso uscire? Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, dichiara che, di fuori degli ambienti chiusi possiamo escludere che ci possa essere una trasmissione del virus, ma non dà certezze assolute. Dichiara che l’Oms sta rivedendo le indicazioni per l’uso delle mascherine da parte della popolazione, sulla scorta di studi sull’argomento.
Come avviene nel calcio, ognuno pensa di essere allenatore provetto e sicuramente più competente di chi ricopre il ruolo ufficiale. Ma qui, il problema è di altro livello. Bisogna fidarsi dell’allenatore!
Sino ad ora, le istituzioni hanno dato risposte ai quesiti, anche se con qualche ritardo e difficoltà: sì ai tamponi, eseguiti in macchina, per chi può, al dosaggio delle immunoglobuline con test rapido, per valutare lo stato di diffusione e di guarigione e infine, con tutti i ritardi possibili, alla organizzazione delle strutture per l’emergenza. Mancavano, e mancano tutt’ora, il Piano Pandemico Nazionale, con il ruolo di dare direttive univoche e quelli delle singole Regioni, ma è tardi per recriminare: qualcuno doveva accorgersene prima!
La nuova domanda è: quanto e come vive il virus nell’aria o nel particolato da inquinamento? Lo sapremo presto, in maniera definitiva e, sulla scorta della risposta, ci faremo le altre domande. Intanto la relazione circa l’effetto dell’inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione di Covid19 nella popolazione a cura della SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale), in collaborazione con gli atenei di Bologna e Bari, non sembra lasciare molti dubbi. A supporto, uno studio sul NEJM del 17 marzo, dimostra che il virus Covid19 può rimanere vitale e infettivo negli aerosol per ore e su superfici fino a giorni, con caratteristiche simili al precedente virus della SARS, apparso per la prima volta nel novembre 2002 in Cina, identificato dal medico italiano Carlo Urbani (poi deceduto a causa della stessa), che produsse un’epidemia sino al luglio 2003, determinando 8.096 casi, 774 decessi in 17 paesi, per un tasso di letalità del 9,6% e non più ricomparso dal 2004. A parità di durata nell’aerosol e sulle superfici, si desume che le differenze nelle caratteristiche epidemiologiche di questi due virus probabilmente derivano da altri fattori, tra cui elevate cariche virali nel tratto respiratorio. Se a questo si aggiunge l’osservazione evidenziata nella predetta relazione: «la velocità di incremento dei casi di contagio che ha interessato in particolare alcune zone del Nord Italia potrebbe essere legata alle condizioni di inquinamento da particolato atmosferico che ha esercitato un’azione di carrier e di boost (amplificatore)», il gioco è fatto. La resistenza del virus nell’aria, le alte concentrazioni di particolato, in presenza di alte cariche virali e lo scarso controllo dell’inquinamento indoor, come nelle RSA o sulle navi da crociera, hanno sicuramente contribuito alla diffusione della pandemia con modalità diverse nei vari scenari ambientali.
Ai cittadini oggi si chiede di dare le altre risposte, tutte positive. Sì al distanziamento sociale. Sì a restare a casa, anche se la giornata è bella o è Pasqua. Sì, se sarà necessario, a continuare nei prossimi mesi, anche l’uso delle mascherine.
Abbiamo davanti almeno sei mesi di vita stravolta del virus, ma ognuno deve imporsi di seguire le regole, con la tristezza e la rabbia nel cuore, e l’orgoglio di fare.
Il distanziamento sociale ha dato grandi risultati e continuarlo sicuramente aumenterà la sicurezza di tutti. La gente non deve avere paura andando per strada, ma dovrà continuare a rispettare la distanza forse più di un metro, dovrà continuare a lavarsi le mani e a mettere la mascherina.
Ad ognuno il suo ruolo. Le istituzioni, indipendentemente dall’essere o meno a statuto speciale, dovranno occuparsi di mettere in atto tutti i controlli possibili per il rispetto delle regole. A noi il resto!
Linda Pasta