“Ai piedi degli dei” è una mostra a cura di Lorenza Camin, Caterina Chiarelli e Fabrizio Paolucci, accolta nel museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti fino al 19 aprile 2020.
La mostra, incentrata su un tema tanto affascinante quanto inedito, vuole raccontare gli infiniti ruoli che la scarpa ha rivestito in Occidente dai tempi antichi ai giorni nostri. Veri e propri protagonisti del percorso espositivo, formato da circa 80 opere (alcune delle quali giunte in prestito da importanti musei internazionali come il Louvre), sono gli esemplari delle principali tipologie di calzature usate nel periodo compreso fra il V secolo a.C. e il IV d.C. e testimoniateci sia su preziose opere d’arte, fra le quali rilievi e vasi dipinti, sia in originale, come gli eccezionali reperti provenienti dal forte romano di Vindolanda nell’Inghilterra del nord.
L’antico è messo a diretto confronto con il contemporaneo. Scarpe di alcuni tra i più grandi stilisti (come Genny, Céline, Richard Tyler, René Caovilla, Donna Karan) sono esposte insieme a modelli realizzati dalla più celebre manifattura italiana di calzature per il cinema, il calzaturificio Pompei, per alcuni dei film peplum divenuti veri e propri cult: si possono ammirare i sandali di Liz Taylor – Cleopatra, i calzari di Charlton Heston – Ben Hur, quelle del Gladiatore Russel Crowne, le calighe dell’Alexander-Colin Farrell.
Scrive Fabrizio Paolucci, curatore della mostra e direttore del Dipartimento Antichità degli Uffizi: «La scarpa non è soltanto un accessorio e questo concetto era ben chiaro già agli antichi, al pari dell’abilità che richiedeva il realizzarle. Platone, ad esempio, non esitava a definire l’arte del calzolaio una vera e propria scienza. Con la sua foggia o i suoi colori, questo indumento raccontava tutto della persona che le indossava: il sesso, la condizione economica, la posizione sociale e il lavoro. Quel che è stato sempre considerato un semplice dettaglio del vestiario, diviene ora il protagonista di un’esposizione, il cui fine è proprio quello di restituire alla scarpa il suo ruolo di prezioso documento del gusto e della tecnica del mondo greco-romano».
Nel mondo classico la foggia delle calzature costituiva spesso connotazione tipica di ben precise categorie sociali. Le caligae chiodate, ad esempio, erano usate prevalentemente dai soldati perché ideali per le lunghe marce, mentre i calcei, simili a bassi stivaletti e spesso vivacemente colorati se indossati dalle donne, connotavano le classi più elevate (patrizi, senatori e imperatori). Le fonti tramandano che le cortigiane, invece, erano solite indossare sandali che recavano, sul lato inferiore della suola, dei chiodini disposti in maniera tale da lasciare sul terreno un’impronta con la scritta “seguimi”.
La seduzione, del resto, è da sempre un aspetto connaturato con questo capo dell’abbigliamento che, non a caso, svolgeva un ruolo simbolico di primo piano anche nel rito nunziale antico. E già nel mondo antico, la scarpa era protagonista di favole come quella di Rodopi, diretta antenata di Cenerentola, raccontata per la prima volta da Erodoto e poi Strabone. Fin da allora, inoltre le calzature sono protagoniste di modi di dire. Cicerone, in una delle sue Filippiche, usa l’espressione “mutavit calceos” per dichiarare il mutamento del rango sociale di un personaggio, divenuto senatore, dal momento che i calcei dei senatori differivano da quelli dei patrizi.
La moda e il gusto variano nel tempo, così come la realtà in cui viviamo. Nel continuo cambiamento si inseriscono i revival, il tornare a guardare con interesse e con curiosità a momenti della storia e della cultura che sembravano dimenticati e con i quali scopriamo di percepire affinità nel gusto o nel modo di pensare. Talvolta ci si affaccia al passato per cogliere dei modelli e farli rivivere riadattandoli per adeguarli alla nostra realtà.
Maria Paola Forlani