Care Sardine,
rivedere dopo diverso tempo piazza San Giovanni straripante di persone che mettono i loro corpi a difesa della democrazia, della Costituzione e anche della politica (dopo tanti anni di antipolitica di basso profilo) è stato emozionante e speriamo che tutto questo possa contaminare il panorama politico italiano. Questo movimento è nato soprattutto contro la degenerazione del linguaggio e contro la deriva xenofoba incarnata da Salvini&Meloni, alle cui esternazioni la vostra, la nostra, piazza ha dato una risposta forte. Una risposta nella quale però è mancata una nota che proprio contro la retorica identitaria, fasciocattolica di Salvini&Meloni sarebbe stata centrale: la nota della laicità. A Giorgia Meloni che rivendica di essere “donna, bianca e cristiana” bisognava rispondere che democrazia significa laicità, perché la laicità – ossia l'assoluta neutralità dello Stato di fronte a qualsivoglia influenza di qualsivoglia religione – è l'unica cornice in grado di garantire i diritti di tutti.
Che la laicità non venga percepita come un valore intrinseco della democrazia è particolarmente grave in un'epoca in cui i fondamentalismi religiosi, di tutte le fedi, rialzano la testa. Non può non far parte del dna di un movimento democratico, che ha a cuore i diritti di tutti, la capacità svelare il potenziale di alienazione, di eteronomia, di antidemocrazia insito in qualunque religione.
C'è un equivoco che sta alla base di questa miopia, un equivoco sapientemente alimentato da tutti i fondamentalisti: quello di identificare persone e credenze. Il razzismo e la xenofobia sono odiose forme di disprezzo per le persone, che vanno combattute in tutte le loro manifestazioni. Questo non ha nulla a che fare con la doverosa (da un punto di vista democratico e progressista) critica a tutti quei sistemi di credenze – religioni in testa – che alimentano visioni eteronome dell'individuo, e che spesso sostengono misoginia e omofobia. Non c'è nessun motivo per rinunciare alla laicità in nome dell'antirazzismo. Anzi, una simile rinuncia ha conseguenze che possono essere drammatiche perché lascia da soli coloro che, all'interno di tutte le comunità religiose, sfidano quotidianamente le imposizioni del proprio gruppo, della propria comunità. Come i firmatari di una lettera aperta alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che un Rapporto europeo sull'islamofobia ha etichettato come islamofobi e gettato dentro il calderone con estremisti di destra e razzisti, per il loro instancabile lavoro di critica all'islam e all'islamismo (tra loro anche diversi musulmani, inclusa Seyran Ates, la prima donna imam di Germania).
A chi sbandiera i simboli religiosi ostentandoli in funzione xenofoba si risponde pretendendo che questi simboli religiosi vengano lasciati nei luoghi che sono a loro consoni: le case dei credenti, i luoghi di culto. E non invece ostendandone altri, e rimanendo così perfettamente dentro il perimetro identitario che Salvini&Meloni hanno definito. Non si risponde insomma alla croce col velo, all'orgoglio cristiano con l'orgoglio musulmano, come ha fatto dal palco di San Giovanni sabato Nibras Asfa, o di qualunque altra religione. La speranza è invece che la sinistra riscopra finalmente l'orgoglio laico.
Cinzia Sciuto
(dal blog animabella, 16 dicembre 2019)