Ice on Fire, il documentario diretto da Leila Conners e prodotto, tra gli altri, da Leonardo Di Caprio (che ne è voce narrante), è una visione consigliatissima per chi, oltre a ribadire l’avvicinarsi della catastrofe, intende avanzare proposte e soprattutto soluzioni.
Soluzioni che sono a portata di mano, tecnologie che sarebbero già a nostra disposizione, se solo volessimo investire sull’efficienza, sulle fonti rinnovabili, sulla cattura dell’anidride carbonica con lo stesso vigore con cui negli ultimi anni abbiamo consumato tutto quanto e ci ritroviamo nella situazione di «chi brucia i mobili di casa con le finestre chiuse».
Soluzioni naturali, tra sequoie e alghe, fino al movimento delle onde che produce energia e agli aspiratori di CO2: ci sono paesi che il problema se lo sono posti e lo stanno affrontando. Quasi tutti gli altri sono doppiamente colpevoli: veri criminali contro l’umanità, perché non solo non agiscono pur conoscendo il pericolo che tutti corriamo ma non si curano nemmeno di sostenere quello che già c’è e che contribuirebbe a salvarci. E sono pure stupidi, perché quelle scelte a livello industriale sono già più economiche e promettenti delle fossili e del loro universo.
«The clock is ticking». Sarebbe ora, come già si disse con Before the Flood, che qualcuno tra i potenti del pianeta morente dimostrasse quella minima volontà politica di spendersi per evitare che le Previsioni del Tempo peggiorino di giorno in giorno e ci ritroviamo alla fine del mondo. Anzi, più precisamente, alla fine dell’uomo, perché poi la natura se la caverebbe in ogni caso. Anche senza di noi. Pure meglio.
«Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio». Questa volta il ghiaccio brucia. E non abbiamo cent’anni a disposizione.
Giuseppe Civati
(dal blog [ciwati], 11 luglio 2019)