Poche volte il moto dell’universo gli concedeva di sovrapporsi e lentamente si sfioravano, si guardavano, ma null’altro. Avevano già da tempo capito che il loro destino era segnato da leggi immutabili che regolano il cosmo.
«Perché almeno una volta non si ferma il tempo? Perché almeno una volta non si muta l’ordine degli elementi? Perché non ci è concesso un attimo di felicità?»
Pensavano chiusi nel loro tormento.
Ogni sera, quando tutto in natura cambia colore e lunghe striature dipingono il cielo, l’orizzonte segna il declino di un sogno.
Il disco cala lentamente tra intensi bagliori, mentre i raggi, come braccia, si tendono per un ultimo soffio di vita e il mondo si ferma all’ascolto di quel pianto eterno.
Si ode il lamento del “sole” mentre si muta in preghiera: «Ferma, dice tremula la voce, ferma il mio viaggio, o “Principio” del mondo. Fa’ ch’io possa toccarla per un solo istante».
Il singulto squarcia il cielo e le parole, sibilo flebile, svaniscono.
Affranto, si tende il suo ultimo raggio, di intenso arancio, per stringere il primo di lei, ma inesorabile il tempo incede e spezza l’attesa.
Tremenda sventura, sentire nel cuore l’amore e vederlo chimera.
Donava al mondo vita e calore e a lui era negato l’amore.
«Quante storie raccontano gli uomini di cuori e di amori. Mi credono signore felice, perchè nessuno conosce il mio dolore».
Ricordava….
Poche volte si erano sovrapposti, si erano guardati ma mai toccati.
Felice il ricordo ma doloroso l’epilogo.
Si tendeva tremulo il suo ultimo raggio, per stringere il primo di lei, ma il tempo troncava implacabile ogni speranza.
Piangeva il sole tra dorati riverberi e si chiedeva: «A che serve tanto splendore se mi è negato l’amore?».
Il disco calava a rilento. Lentamente chiudeva gli occhi il “sole” e spariva, mentre tra le ombre che si infittivano, la “luna” iniziava malinconica la sua ascesa tra un velo di madreperla, cercando all’orizzonte qualche ultimo bagliore, qualche intesa.
Ma il sogno si infrangeva lungo il pendio del cielo punteggiato di stelle, ancelle al suo dolore.
La “luna” illuminava col suo raggio il giardino, intento ad ascoltare la storia di quell’ amore infelice, raccontata dal grillo canterino acquattato sul piccolo pesco, e nel silenzio che ammantava, s’udì il lungo sbadiglio di tre lucertole che assiepate si abbandonavano al sonno della notte.
Mentre pensavo, godevo degli ultimi bagliori, che filtrando tra le fitte foglie dell’alloro, si proiettavano sul cotto del giardino, accecanti come un amore struggente.
Il tramonto, con i suoi colori inimitabili, è un miracolo del creato, in cui il calare lento del disco scandisce, come un plettro, il tempo della nostra vita e ci pone in attesa di un domani incerto, mentre la luna inizia il suo cammino.
Mi è sempre piaciuto immaginare realtà sconosciute all’interno della luna, seguirne le fasi e capirne l’ influenza sulla vita della terra e sul destino dell’uomo.
Non c’è pennello né colore capace di ritrarre la bellezza del firmamento, quella che tinge di estasi il cuore come l’intenso luccichio della stella che illumina come faro un cielo blu-notte e la scia argentata della luna che sale lungo il pendio.
Di fronte a tanta bellezza l’animo si perde e il pensiero vaga per indagare il disegno imperscrutabile di chi, “creatore”, disegnò l’universo così perfetto e così irripetibile.
La luna appariva in tutto il suo splendore e avanzava simile a una “dea”.
I suoi raggi, che come laser colpivano il giardino, mi suggerivano strane storie e tra sussulti e bisbigli, scrissi questo racconto di un amore impossibile.
Anna Lanzetta
(Tratto da: Armonie di un giardino toscano. Racconti, arte, mito e fantasia, Regione Toscana Consiglio Regionale, Edizioni dell’Assemblea, 2017. Il testo integrale è a disposizione dei lettori nel sito della Regione Toscana - Pubblicazioni)