Parlare di tolleranza non è facile in un tempo di crisi e di caduta dei valori di riferimento per la convivenza democratica. Il mondo della post-verità ha minato la stessa comprensione della partecipazione civile e ha distrutto i fondamenti della razionalità politica nella quale si credeva. L’apparenza delle forme è diventata più importante della realtà e l’erosione della solidarietà affonda le radici nella costruzione delle divisioni. La stessa nozione polisemantica di tolleranza racchiude interpretazioni positive e negative. La tolleranza che accoglie è di segno positivo, la tolleranza che sopporta è di segno negativo; così come il rispetto e la comprensione dell’altro apre alla comunità, mentre la passività ed il ritiro su se stessi veicola il senso di rifiuto di chi ci vive accanto. Di fatto, la tolleranza significa pazienza, perdono, autonomia della persona e riconoscimento dei diritti umani. La società è regolata dalla tolleranza e quando esplode l’intolleranza si smembrano i tessuti connettivi del vivere insieme.
In pedagogia si dice spesso che comprendere l’altro in un contesto di tolleranza implichi la consapevolezza della presenza di idee, concezioni diverse dalle proprie che è necessario non abbattere per il solo fatto che le consideriamo fuori del recinto intellettuale ben delimitato. La tolleranza s’interseca con il discorso interculturale e predispone alla cittadinanza attiva.
Per conoscere che cosa gli adolescenti pensano sulla tolleranza, stiamo facendo un viaggio attraverso varie culture con l’intento di chiedere che cosa la parola “tolleranza” significhi per ragazzi e ragazze di 11-15 anni. Dall’Italia all’Albania, dalla Cina al Senegal, dal Portogallo alla Polonia, dalla Germania agli USA, dalla Lettonia a Capo Verde abbiamo posto la stessa domanda e chiesto agli insegnanti di proporre il tema in classe senza spiegarlo, lasciando che il pensiero libero dei giovani si esprimesse al meglio. Nel corso della ricerca esplorativa ci sono stati in tutto il mondo vari eventi di intolleranza, di terrorismo, di conflitto. Pensiamo a Charlie Hebdo del gennaio 2015 e alla successiva Dichiarazione di Parigi, marzo 2015, sulla promozione della cittadinanza e dei valori comuni di libertà, tolleranza, e non discriminazione attraverso l’educazione.
I dati che stiamo raccogliendo dimostrano che per alcuni ragazzi tollerare equivale e chiudere i confini e a difendersi escludendo chi è troppo diverso dallo standard comunemente accettato (Cina), per altri ragazzi tollerare vuol dire affermare la propria libertà di esistere e non essere preda di forze autoritarie (Senegal). Emerge una certa ambiguità da ricondurre alle età e ai contesti sociali e culturali di riferimento. In generale, gli adolescenti testimoniano dovunque lo stretto legame della tolleranza con la diversità e pur non citando le parole cittadinanza e democrazia, dimostrano che la tolleranza investe il patrimonio politico che stanno costruendo a fatica e nell’incertezza del futuro. Senz’altro la tolleranza pone la questione dell’inclusione e della appartenenza nelle società multietniche e multiculturali e per questo l’educazione a tollerare assume il senso dell’educazione a non respingere e alla condivisione della comune umanità, pur nella varietà delle conformazioni sociali, politiche, culturali.
Non sappiamo quanto nelle nostre scuole si discuta di tolleranza e non sappiamo se la tolleranza sia praticata nei curricoli formativi. Questo interrogativo appare dovunque come rilevante e proprio per questo nel porre il quesito nelle scuole, attraverso gli insegnanti, abbiamo inteso sollevare il dibattito caro a Locke e a Voltaire per ricordare che non si può abbassare la guardia nella illusione che siano tutti naturalmente tolleranti perché viviamo in società contrassegnate per definizione dal rispetto dei diritti umani.
La ricognizione ampia e dettagliata dello scenario adolescenziale portato alla ribalta dalla ricerca sulla tolleranza verrà presentata nella Conferenza internazionale in programma a Varsavia dal 10 al 12 maggio 2018 sul tema Citizenship & Identity in a "Post-Truth" world (www.cicea.eu).
Sandra Chistolini