*
Devo fare una parentesi allo spezzato racconto intrapreso. Anche qui, e soprattutto qui, anzi, il serpente muta pelle; lo si spera, almeno.
La vecchia pelle d’un vecchio corpo riposa in un letto che vi è diventato casa. Il salotto si trova nei pressi del cuscino, adiacente alla cucina, composta da ampia tovaglia a righe verdi azzurre, mentre dal primo si apre, attraverso una ringhiera a due sbarre, il panorama della stanza: un armadio, una credenza, una TV, tenda, vetri... mari e monti.
Il tempo si dilata nell’attesa. La Forma aspetta il suo mutamento.
Devo fare una parentesi al racconto, ma le parole stringono a loro stesse, soffocando, la secca antica pelle del dolore.
*
Non c’è più aria nell’ansia dell’aspettativa retribuita. Mi sto con la vecchietta e accuso il giorno d’ogni suo colpo basso.
La rabbia si fa strada nel pensiero: mi ha tradito fin’anche il vecchio senza figli.
Migrante a casa mia, esule ovunque alla mia età dispersa.
*
E mia figlia, mia dolce bimba che mi ha per pochi giorni al mese. Anche lei in attesa, non sa di cosa.
Le radici sono dure da estirpare, sogno così quel fazzoletto non di terra ma di rena, quel fazzoletto di sole arso e bagnoasciuga alla foce di due mari, di due venti.
A volte desidero la morte, peccando d’inanità scimunita e d’inassolvimento. Poi la vita, la speranza d’una pelle nuova, d’in nuovo sogno fatto di conchiglie e afa che m’assonni.
*
Amedeo Vignatelli