Anime serene
tra scie di bianco candore
attraversano
una distanza angelica
di infinita pace
(Pietro e Brenda)
Versi idilliaci dedicati a montagne fra le più belle del mondo, in una delle regioni geografiche più affascinanti del globo, cuore d'Europa, una perfetta commistione fra Cultura (Nietzsche, Segantini, Rilke, Varlin, Giacometti et alii) e Natura. Si parla, ovviamente, dell'Engadina. Uno spettacolo di rarissima e commovente bellezza. Eppure quelle stesse cime, che contempliamo con stupore e meraviglia, quasi una prova dell'esistenza divina (anche agli occhi di un agnostico!), possono essere teatro di tragedie e dolori.
Sfogliamo Bianche salite, volume poetico-fotografico edito da Book Time, e non riusciamo a non pensare alla parabola umana di Marco Liva, che ne è stato il primo ideatore, milanese che amava con tutto il cuore l'Engadina, grandissimo appassionato di montagna, che proprio quest'anno durante il passaggio di una sua escursione in quei luoghi ha concluso la propria vita terrena, che è stata tanto piena e dedita al prossimo.
Ci restano il suo ricordo e le meritorie azioni sociali. E questo libro fatto di straordinarie immagini: trentatré scatti fotografici di Ocram Avil, fotoreporter-scialpinista siberiano, e trentatré poesie dal Laboratorio di Lettura e Scrittura Creativa attivo nella Casa di reclusione di Milano-Opera. I lavori poetici sono firmati, come quello (in tal caso a quattro mani) che apre il presente articolo, dai semplici nomi di battesimo delle persone detenute che frequentano il Laboratorio e dei volontari che lo conducono e animano. Tutti felicemente mescolati insieme, come a voler abbattere muraglie di pregiudizi. Invece quei muri che sono le montagne dell'Engadina hanno un respiro senza fine, un afflato senza limiti, orizzonti di cielo e neve e pietra che allargano l'immaginazione e la spingono oltre.
Bianche salite è quindi un libro che fisicamente e simbolicamente racchiude in sé innumerevoli motivi: celebrazione della splendida maestosità della Natura, cattedrale semplice e complessa, fra interpretazione, contemplazione e meditazione; coinvolgimento di persone altrimenti separate dal “mondo di fuori”, con lo smembramento, come detto, di pregiudizi; caldo e affettuoso ricordo di chi non è più fra noi, ma perdura nei nostri animi.
Riportiamo dalla prefazione collettiva del Laboratorio di Lettura e Scrittura Creativa del Carcere di Opera: «Nel vedere le fotografie del misterioso siberiano abbiamo pensato che sarebbero state un magnifico stimolo per una prossima esperienza di “scrittura istantanea” in carcere. Lo spazio sconfinato, la bellezza prorompente della natura segnata da una presenza umana discreta e defilata, il senso di libertà piena e assoluta si sarebbero profondamente contrapposti a una quotidianità fatta di orizzonti murati, di corridoi vuoti e semibui, di umanità silenziosa e rassegnata, di ruggine e di sbarre. Cosa avrebbe potuto suscitare nell'anima delle persone detenute una simile divergenza?»
Il Piz Surgonda, Marmorera, il Fortezza, il Piz Uter, il Piz Arpiglia, il Piz Roccabella, il Piz La Pelle, il Piz Belvair,il Piz Chaputschin, il Piz Scalotta, il Piz Minor, la Fuorcla d'Agnel, il Pizzo Scaglia, la Crasta Mora, il Piz Laschadurella, il Piz Alv, il Piz Campagnung, il Piz Grevasalvas, il Piz Griatschouls, lo Julierpass, il Berninapass, Zuoz, Bivio, Madulain, la Val di Fex, Diavolezza, l'Albulapass, Zernez, Samedan, Plaun da Lej... toponimi leggendari e oltremodo evocativi... nevi, ghiaccio, nubi, il cielo blu con la sfolgorante luce – ossimoro senza contraddizioni – di un gelido sole. E s'immaginano, per contrasto, anche le tormente coi fiocchi che roteano e roteano, togliendo la vista e restituendo impenetrabili ombre di sonni eterni, e i venti furiosi che battono i vertiginosi pendii risucchiando in un'eco il fondovalle, gli altipiani, i villaggi, i sentieri, le rocce. «Si rispecchia il cielo/ alla vista dei contorni sinuosi/ che l'Engadina ha scolpito negli anni./ Ritti e maestosi i guardiani proteggono/ il bianco paesaggio...», scrive Vincenzo. E Luca: «In bilico affaticati,/ camminiamo a passi incerti/ sognando traguardi infiniti». E sulla stessa onda emozionale si muovono Lenny – «Altri già varcarono il confine/ fragili umani esposti all'infinito» – e Roberto – «Sapendo della propria finitezza/ l'uomo tende sempre/ verso l'infinito/ lasciando tracce di sé...». Carlo: «Sogniamo una vita diritta/ e sbagliamo./ Il bello è proprio saper fare le curve».
Sabato 30 dicembre (ore 17:30) Bianche salite sarà presentato all'Albergo Ospizio Bernina (Berninapass-Engadina). Un'occasione da non perdere, se possibile, in uno scenario autentico, primordiale e, nel contempo, ospitale. Proprio come l'Engadina è, con la sua presenza umana perfettamente armonizzata con l'ambiente circostante (e sovrastante).
Pare doveroso chiudere con un ricordo di Marco Liva da parte di Carlo Lazzati, esperto trekker nonché volontario del Laboratorio di Scrittura del Carcere di Opera: «Persone molto diverse, Marco e io, ma con lo stesso grande amore per la montagna. Compagni di scuola, di giochi, di oratorio, di gite in montagna molto prima di diventare anche cognati (non per merito mio, ma per l'illuminato intuito di mia sorella). Come le differenti pareti delle montagne si incontrano sul crinale, eccoci di nuovo là, noi due soli o in compagnia, a respirare con gli occhi quell'immensa bellezza, e poi guardarci e sorridere, spesso senza nemmeno dire una parola. Insieme poi abbiamo fondato un gruppo di sci alpinismo (perché certe esperienze sono più belle quando si fanno con gli altri). Gruppo inizialmente sparuto ma che in pochi anni ha raccolto più di 150 compagni di escursioni. Centinaia di gite e poi a casa per trasferire immediatamente sul computer le foto e le emozioni della giornata per poter condividere quella bellezza entusiasmante con chiunque lo volesse. Un giorno mi viene a trovare e mi dice: “Con queste fotografie facciamo una mostra e un libro!” Abbiamo fatto la mostra e il libro, ma poco dopo abbiamo perso Marco. Una perdita immensa per tutti noi. E se – come io credo – la montagna ha un'anima, anche la montagna si è ritrovata improvvisamente più vuota».
«Nella notte/ la luna/ annega di argento/ i cumuli bianchi/ di polvere e vento/ ed è il risveglio/ dalla notte più lunga/ la libera neve» (Giorgio). Quale epitaffio, che è anche un novello incipit, può mai esser più dolce?
Alberto Figliolia