Rinnovando una tradizione secolare, Prato ha salutato l’ostensione della Sacra Cintola (o Cingolo) l’8 settembre. Quest’anno, però, l’appuntamento è stato preceduto da un evento non meno importante e che alla celebre reliquia è strettamente legato: l’apertura della grande mostra “Legati da una cintola. L’Assunta di Bernardo Daddi e l’identità di una città” (catalogo Mandragora), allestita nei nuovi spazi espositivi del Museo recuperati nell’attiguo edificio dell’ex Monte dei Pegni, fino al 14 gennaio 1918. Un’esposizione ricca e articolata dai suoi curatori Andrea De Marchi e Cristina Gnoni Mavarelli.
La reliquia della Cintola della Vergine, rilasciata a san Tommaso e dopo avventurose peripezie pervenuta a Prato nel 1141, rappresentò un vero e proprio mito identitario in cui l’intera città si riconobbe nel periodo della sua più tumultuosa crescita, fra Due e Trecento.
Custodita nella cattedrale di S. Stefano e nell’occasione resa visibile da vicino in una teca apposita, nella cappella a lei consacrata, la venerata cintura è stata per secoli il tesoro più prezioso della città, contribuendo a rafforzare il prestigio e l’identità, in un avvincente intreccio di devozione, arte e tradizione.
La mostra racconta questa storia, che affonda le sue radici nel XII secolo, quando uno scultore attivo in Spagna e in Toscana, autore dei capitelli del chiostro della cattedrale, il Maestro di Cabestany, per la prima volta scoprì la Vergine che consegna la Cintola a Tommaso, in un rilievo che in via del tutto eccezionale viene esposto a Prato. Attorno alla reliquia, disputata fra Chiesa e Comune, crebbe per gradi la fabbrica gotica dell’allora prepositura di S. Stefano, fino alla realizzazione di una cappella apposita presso l’ingresso, affrescata da Agnolo Gaddi tra 1392 e 1395, e del pulpito di Donatello e Michelozzo per l’ostensione periodica, sull’angolo della nuova facciata. Nel 1312 il pistoiese Muscittino aveva tentato di rubarla: fu punito a morte e in seguito si curò un nuovo allestimento in una cappella a lato della maggiore, per cui Bernardo Daddi tra il 1337 e 1338 dipinse un’importante pala.
Cuore spettacolare della mostra è la ricostruzione di questa tavola dell’Assunta, divisa fra Prato, la Pinacoteca Vaticana e il Metropolitan Museum di New York, arricchita da due predelle che raccontano la migrazione della reliquia da Gerulasalemme a Prato e, in parallelo, quella del corpo di santo Stefano da Gerusalemme a Roma, perché si riunisse a quello di san Lorenzo (conservata ai Musei Vaticani). Prato in questo modo si proiettava in una dimensione di assoluto prestigio culturale e simbolico, rifacendosi all’Urbe e alla Terra Santa svincolandosi dalle rivalità con le vicine Firenze e Pistoia.
La Cintola si associava all’idea stessa di un grembo fecondo e faceva convergere nel culto mariano le attese propiziatorie e taumaturgiche.
Cintole profane di età gotica, preziosamente decorate, testimoniano la carica simbolica di un simile oggetto, esibito anche dalla Santa Caterina dipinta da Giovanni da Milano nel suo politico pratese dipinto per lo Spedale della Misericordia, uno dei capolavori di Palazzo Pretorio. Altri dipinti e miniature aiutano a contestualizzare la fioritura artistica e culturale della città in questo momento storico, quando attirò l’opera di grandi artisti della statura di Giovanni Pisano e di Bernardo Daddi.
L’immagine dell’Assunta e della consegna della Cintola trovò dunque a Prato un luogo di elaborazione privilegiata. Grazie a opere soprattutto del Tre e Quattrocento si possono seguire le varianti successive nell’elaborazione di questa scena, e, attraverso altre testimonianze si comprende la continuità del culto, la valenza civica e politica della Cintola e della sua ostensione attraverso i secoli.
La mostra si apre con una delle prime attestazioni in Occidente della Madonna assunta che dona la Cintola, con il rilievo eponimo del maestro di Cabestany. (Prima sezione: Da Cabestany a Prato: genesi di un tema).
Perno dell’intera esposizione è la ricomposizione della pala dell’Assunta di Bernardo Daddi (Seconda sezione: La pala pratese di Bernardo Daddi restituituita).
Per meglio contestualizzare l’opera di Bernardo Daddi sono esposte altre opere del pittore giottesco, appartenenti a questa stessa fase stilistica, contraddistinta da una felice e vivace vena narrativa (Terzo percorso: Daddi narratore).
Un nucleo scelto di cintole profane del secolo XIV documentano la bellezza di questo genere di manufatti, riprodotto nell’elegantissima Santa Caterina di Giovanni da Milano (Quarto percorso: La Sacra Cintola, le cinte profane e Giovanni da Milano).
Segue una rassegna esemplificativa delle diverse elaborazioni dell’iconografia che univa la morte della Vergine e l’Assunzione nell’arte toscana del trecento: dipinti, miniature, sculture permettono di apprezzare la diversa interpretazione del tema in area fiorentina, dove san Tommaso afferra la cintola, e in area senese, dove la cintola è lasciata cadere dalla Madonna in volo (Quinta sezione: L’Assunta e la cintola: varianti nel trecento toscano). Il percorso espositivo prosegue presentando la tradizione iconografica dell’Assunta in terra toscana, dove prevale il tema della Madonna della Cintola col solo san Tommaso, con la selezione di esempi particolarmente significativi e concludendo con gli echi più tardi in area pratese, fino alle pale di Stradano e di Santi di Tito (Sesto percorso: L’Assunta e la Cintola: la tradizione seguente).
Vengono infine esposte tutte le testimonianze documentarie e visive che accompagnano il culto della Cintola stessa e l’ostensione: le preziose custodie, le suppellettili e gli arredi della Cappella della Cintola nella Cattedrale. Alcuni apparati didattici aiutano a comprendere la natura anche tecnica del manufatto e a raccordare fra loro le testimonianze librarie e archivistiche. Sono state inoltre riunite testimonianze del culto della Cintola del Duomo di Pisa (Settimo percorso: Il culto e l’ostensione della Sacra Cintola a Prato e in Toscana). Nel percorso è compreso il Duomo di Prato: il visitatore può entrare, così, nella Cappella della Cintola, abitualmente preclusa alla visita, e ammirare da vicino il ciclo di affreschi realizzati da Agnolo Gaddi.
Maria Paola Forlani