I film biografici spesso non vengono bene.
Forse pesa sull'autore la soggezione nei confronti del personaggio illustre che ha scelto di raccontare, una soggezione che ostacola quell'empatia, quell'immedesimazione necessaria a rendere vivo un personaggio. Forse il rispetto per la verità storica dei fatti impedisce lo sviluppo di una libera narrazione.
Fatto sta che spesso che i film biografici, i “biopic”, risultano meccanici ed esteriori.
Questa premessa serve a evidenziare il merito della regista Susanna Nicchiarelli che ha dedicato un bel film alla cantante Nico, già parte del complesso dei Velvet Underground alla fine degli anni Sessanta, attrice in film di Andy Warhol, e poi cantautrice in proprio.
(Il film si intitola Nico, 1988).
Non si tratta, in effetti, di un tradizionale film biografico, anche perché la protagonista non è presa in considerazione in tutto l'arco della sua carriera, ma soltanto in età matura, nei suoi ultimi tre anni di vita (essendo morta nell'88, a 50 anni). E poi perché i fatti non sono concatenati tra loro secondo la logica di un romanzo. Si tratta di poco più di frammenti incollati l'uno all'altro, tenuti insieme però da un sentimento così forte, così intenso, che contagia lo spettatore. È un senso di deriva, di chi ha visto bruciate le speranze su cui in genere si costruiscono i progetti di una vita (come un amore, o una forma di successo) ed è appeso ormai a un unico filo. Nel caso di Nico quel filo è la sua musica. Nico il successo popolare lo ha conosciuto ed è in parte tramontato. Quanto all'amore, l'uomo della sua vita è ora il figlio, che in passato aveva dato in affidamento e che ora è tossicodipendente come lei, e con il quale vuole ricostruire un rapporto affettivo. Lo raccoglierà tra le sue braccia dopo che il ragazzo ha tentato il suicidio.
Quanto alla musica, la porta in tournée per un pubblico ristretto di appassionati per mezza Europa, da Nettuno fino a Praga dove canta per giovani che si riuniscono clandestinamente per lei a dispetto del regime comunista, che condanna quel genere di musica, e che forse si riconoscono nel suo senso di vuoto, nel suo dolore, e insieme nel coraggio di gridarlo.
Nico è interpretata con sottigliezza, con un'immedesimazione profonda, dall'attrice Trine Dyrholm. Ma intorno al suo alone, prendono vita anche i personaggi secondari, ad esempio un delizioso impresario, più che collaboratore, complice di Nico, e a lungo, in segreto, infelicemente innamorato di lei; un giovane, dolce e disperato, musicista di colore, tossicodipendente, parte del complesso di Nico, e che una sera lei maltratta pubblicamente, in pieno concerto. E intorno a loro, un'Europa che nel film appare devastata dalla miseria e dal naufragio delle utopie politiche. Personaggi e luoghi, insomma, tutti partecipi, in vario modo, con diverse gradazioni, di uno stesso senso di cenere.
Il film ha vinto il premio per il miglior film alla sezione orizzonti del festival di Venezia.
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 21 ottobre 2017
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