Paola Calvetti
Gli innocenti
Mondadori, 2017, pp. 132, € 17,00
Lui è Jacopo Benvenuto, esposto nel dicembre del 1950 all’Istituto degli Innocenti di Firenze, madre rimasta nell’anonimato, adottato nel 1957 da una coppia fiorentina. Lei è Dasha, molto più giovane di Jacopo, costretta ad abbandonare l’Albania nel 1991 contro la sua volontà, dopo la caduta del regime, arrivata a Brindisi su un barcone traboccante di umanità fiduciosa. Lui è violinista. Lei ha portato con sé il suo violoncello. Si conoscono perché suonano nello stesso concerto. La musica è completamento, annullamento, è un ritrovarsi senza sapere di essersi cercati. La loro intesa è immediata e forte, come un dialogo di anime. Ma ad un certo punto qualcosa si incrina.
Non è una comune storia d’amore la loro, perché ognuno porta su di sé ferite così profonde da condizionarne le scelte e le possibilità. Ci sono ricordi così drammatici che non si ha nemmeno il coraggio di rivelare, le cui immagini continuano ad aggredire, a perseguitare, anche nei momenti di gioia.
L’abbandono è elemento trasversale, con il vuoto esistenziale che ne consegue: Jacopo porta su di sé il peso del gesto della madre che non ha conosciuto e la perdita della madre adottiva pochi mesi dopo essere entrato nella sua vita. La mancanza della figura materna di riferimento si traduce in instabilità nei suoi rapporti con la donna. Finché non arriva Dasha, che è madre, amica, amante, lei che ha vissuto lo strappo violento dalla sua terra e nasconde altre lacerazioni.
Jacopo ha bisogno di conoscere le sue radici. Questa mancanza è un tarlo che lo rode e lo rende avaro di gesti d’amore che esulino dalla coppia, incapace di uscire dalla sua condizione di orfano e vittima.
La potenza della musica -il concerto di Brahms per violoncello e violino- trascorre per tutto il romanzo, elemento consolatore di un dolore diffuso che si respira tra le pagine. Musica che rivela le sue straordinarie potenzialità terapeutiche, magiche, unico elemento che può essere recuperato anche dalle menti che hanno cancellato i ricordi.
Il romanzo della Calvetti reclama il bisogno indiscutibile d’amore nella nostra vita, fatto di presenze, di gesti e di parole. Purtroppo talvolta le parole sono taciute, perché le emozioni sono coì forti che non ci stanno, dentro le parole. O sono taciute per pudore. La Calvetti riesce a trascinarci nella psicologia complessa dei suoi protagonisti, le cui voci si alternano, si completano, si sovrappongono, si incontrano.
Marisa Cecchetti