A Carlos Pío Uhrbach
Le sue pupille non copiano la luce del cielo,
Hanno la trasparenza del mare tranquillo
Ma come le onde pure nascondono
Di insondabili tenebre il profondo abisso.
Nella sua fronte marmorea che risplende
Sotto l’oro scuro dei suoi capelli,
I suoi tratti indelebili segnò l’insonnia
Rivelando la storia del suo tormento.
Come sorge il profumo dagli oleandri
Il sorriso dalle sue labbra sboccia perenne…
Forse in loro conserva un filtro ardente
Come il calice purpureo della Nepente!
(1891)
Nota: Pubblicata ne El Figaro, Anno X, n. 19, 1894, con il titolo Retrato (Ritratto). In questa pubblicazione il terzo verso della seconda strofa vede la parola disgusto (hastío) al posto di insonnia (insomnio). Da sottolineare che la Nepente è una pianta carnivora che si alimenta di insetti. I versi di Juana sono ambigui, perché filtro può essere sia la pozione amorosa che il veleno. Un’ambiguità floreale che nei versi di Juana troveremo spesso. Ricordiamo anche che, nell’Odissea, Elena offre a Telemaco e a Pisistrato (figlio di Nestore) il nepente d’Egitto per alleviare la pena provocata dal colloquio sulle vicissitudini di Ulisse. Ma è pur sempre vero che la Nepente è una pianta carnivora.
(Da: Juana Borrero, Poesías, Edicion de la Biblioteca
de Gris y Azul, La Habana, 1895)
Traduzione di Gordiano Lupi