«Il nuovo capo ha la faccia serena, la cravatta intonata alla camicia» cantava Francesco De Gregori in Le storie di ieri, brano contenuto nell’lp Rimmel (pubblicato dalla RCA italiana) del 1975. E la stessa Costituzione della Repubblica Italiana nelle «Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo)» recita: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista». Del resto la cosiddetta Legge Scelba (legge del 20 giugno 1952, n. 645) condanna «chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista oltre che «chiunque pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». Insomma il fascismo è come un fiume carsico: risorge e rinasce, erode la democrazia come se quest’ultima fosse una roccia calcarea, risorge e precipita addosso alla civile convivenza nel suo apparire e sparire ad ogni stagione storica, ad ogni fermata morale del Paese, ad ogni sosta davanti all’inesorabile corso del tempo che passa e che travolge il fluire stesso delle cose colla sua tendenza che dovrebbe condurre al miglioramento e che invece, a volte, come in questo caso, porta verso il peggio.
Certo «Il nuovo capo ha la faccia serena, la cravatta intonata alla camicia»: non è più tempo di fez e manganelli, non è più l’ora delle adunate e dell’olio di ricino: oggi il fascismo ha un volto nuovo, nuove spalle, nuovo portamento, un inedito modo di vivere e di comportarsi. Beninteso qui non si intende per fascismo il modo di atteggiarsi violento e prevaricatore che fu tipico della stagione italiana che va dal 1922 al 1943. Qui non si intende certo il sistema economico corporativista e dirigista (oltre che autarchico, caratterizzato dalla socializzazione, dal socialismo nazionale e dal sindacalismo nazionale) oppure il movimento politico che rivendicava imperialismo e nazionalismo al posto della decolonizzazione e del cosmopolitismo e neppure la posizione politica che privilegia il principio gerarchico a tutti i livelli della vita associata. Qui non si intende per fascismo la sua caratterizzazione concretamente storica: il fascismo, cioè, per come si è manifestato in Italia negli anni’20 e ‘30 del XX secolo. Qui si intende per fascismo quel movimento carsico che predilige, quando torna e quando va momentaneamente via, il principio di autorità. Quello stesso principio che Alexandre Kojève ha definito come: «La possibilità che un agente ha di agire sugli altri (o su un altro), senza che questi altri reagiscano nei suoi confronti, pur essendo in grado di farlo» (Alexandre Kojève, La nozione di autorità, Adelphi, 2011). Si intende, in questa sede, per fascismo carsico quel movimento, sempre ritornante nella storia d’Italia, che fa proprio ed esalta l’assoluto contro il relativo, la verità inconcussa e «simile alla massa di ben rotonda sfera» (Parmenide, Sulla natura, Bompiani, 2001) rispetto alla nostra povera e preziosa comune opinione di mortali, che insegue l’affermazione perentoria di se stesso piuttosto che il dialogo e il compromesso della esposizione dialettica (la quale è caratterizzata sempre da più voci) delle cose, delle loro conseguenze, delle loro cause e dei loro contesti. Si intende per fascismo carsico, insomma, quell’atteggiamento che non consente deroghe o pentimenti, che non lascia altra strada rispetto alla sola indicata da esso stesso, che fa si che non si possa uscire per alcuna via rispetto alla direzione da esso segnata. Pur sanzionato dalla stessa Costituzione e dalla Legge Scelba questo atteggiamento (questa modalità di pensiero, questo iter spirituale) è ben presente oggi all’interno del panorama (non solo politico) italiano. Ora, Karl Popper affermava: «Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza» (Karl R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando Editore, 2002). Questo «prezzo» è ciò che ci comanda il fascismo carsico, strisciante, ondivago e sfuggente eppure continuamente presente. La continua vigilanza, l’attenzione, la sorveglianza e la guardia ci chiedono la Costituzione e la Legge Scelba. Noi dobbiamo trasformarci in uomini radar.
Gianfranco Cordì