Si era sempre dibattuto con viva partecipazione se il parco fosse rettangolare o quadrato. Il saggio del paese affermava che si trattava di una delle frequenti illusioni ottiche di cui la terra è piena; opinione sostenuta dal geometra quando affermava che i passanti in arrivo al parco dal suo lato nord lo avrebbero visto rettangolare, mentre, al tempo stesso, altri provenienti dal suo lato est l'avrebbe visto quadrato. In fondo, erano solo dispute municipali. Soprattutto, il vero orgoglio degli abitanti di M. era il magnifico pavimento di granito grigio che copriva i duecento metri – rettangolari o quadrati – del parco. Contribuiva a conferirgli maggiore solennità la totale assenza di alberi. Nel centro sorgeva un manufatto simile a una colonna ricurva. Ma si sarebbe anche potuto dire che quella massa grigia non avesse una forma definita e che non ricordasse alcun oggetto preciso. Veniva chiamato umoristicamente il Monumento agli Operai del Ramo Marmi e Pietre da Pavimentazione. Si narrava che gli operai incaricati di azionare le macchine per pulire il granito nell'ultima giornata di lavoro le avessero guidate con tale ardore, con tale devozione civica, che all'arrivo dei quattro operai e delle quattro macchine, dai quattro angoli della piazza fino al centro, si scontrarono e furono immediatamente coperti da una gigantesca colonna di granito liquido che risolse lo spinoso problema di ordine pubblico della putrefazione dei corpi e del surriscaldamento delle macchine. In quel parco non c'era ombra di panchine.
Improvvisamente e sotto un sole terribile – erano all'incirca le tre del pomeriggio – T. avanzò a capo scoperto, da sinistra a destra e da nord a sud. Arrivato allo spazio immediatamente adiacente al monumento commemorativo, vide D. che, provenendo da ovest, ombreggiava un poco con il suo corpo la metà destra del suo volto. Un poco più avanti gli escrementi di un cane provavano che il netturbino non era ancora passato.
(Da: Virgilio Piñera, Cuentos fríos, 1944)
Traduzione di Gordiano Lupi