Il sorriso stempiato, Emil, era
[il tuo marchio
e quella fatica antica della corsa...
Eri La locomotiva umana
per il tuo ansare dolente sulle piste
in bianco e nero dopo le macerie
del gran conflitto, fra i polverosi silenzi
della Guerra Fredda: ciondolava il tuo capo
nello sforzo calcolato e pur senza limiti,
giro dopo giro, chilometro dopo chilometro
alla meta sempre più vicina, sempre più remota.
Alle tue spalle spigolose, dietro la smorfia
del cronometro c'era sempre l'altro,
Alain... Alain Mimoun, l'uomo dei sei fratelli,
algerino di Francia, l'eterno secondo
(solo a Melbourne, in un mondo rovesciato, ti avrebbe scavalcato)
e nel costato, nel cuore, il giavellotto dell'amore
scagliato dal pallido braccio di Dana.
Dopo Londra Helsinki... Il tempio
dei boschi, laghi come occhi incastonati
nel silenzio, l'infinita luce boreale e Paavo Nurmi,
il tuo gemello separato solo dai lineari
capricci del tempo, come ultimo tedoforo.
E fu oro! Nei 5000 metri, nei 10000 metri,
nella maratona, con la ferrosa instancabile falcata,
con l'ansare doloroso fra le linee,
il capo ciondolante sulle vie del sogno.
Poi venne il tempo dei carri armati sovietici
a Praga, dopo gli illusori fiori di una primavera
bella e rovinosa, dolce e tormentosa,
e l'arresto di Dubček, il riformatore trasformato
in muratore, e il fuoco annichilente
sui vent'anni di Jan Palach in Piazza San Venceslao.
Per punire gli ideali a te, La locomotiva umana,
furon destinate le miniere di uranio,
ma quando scendevi nelle viscere della terra
tua era l'ombra, tua la memoria, tua la forza:
nessun potere avrebbe mai potuto spegnere
la tua corsa ansante, ciondolante, sognante,
Emil, eroe della fatica, tre volte oro a Helsinki 1952.
Alberto Figliolia