Me le ricordo tutte benissimo; e voglio farne una rilettura, sia per fissare la memoria che col tempo può diventare più labile, sia per aggiungere altri particolari alle riflessioni altrui, cui do risalto e riscontro. Quegli anni non hanno ancora avuto una storiografia adeguata, che deve essere di necessità rivolta sia alle manifestazioni di massa (tutte però attentamente e abilmente manovrate), che alle vicende individuali famigliari associative: un lavoro impervio che Mariateresa Iervolino ha molto ben tentato nei confronti del '68 nei paesi dell'Europa dell'Est. E non bisogna dimenticare mai che l'uso del cinema e della radio per fare propaganda politica fu inventato allora da Goebbels e seguito in Italia dall'EIAR. Ogni spettacolo cinematografico era preceduto da un giornaleradio o cinema, nei quali veniva data ripetuta ribadita senza alcuna possibile risposta la voce del regime. E il culto del Capo. Circolavano semiclandestine barzellette, la cui diffusione costituiva l'antifascismo popolare, molto criticate e fatte oggetto di “ripulitura degli angolini”, come appunto diceva la propaganda del regime. È giusto dire che per l'epoca l'apparato propagandistico era di grande effetto, sia per la sua unicità, sia anche per la non indifferente qualità tecnica.
E veniamo dunque alla prima data: il 10 giugno 1940 fu convocata su tutte le piazze d'Italia una manifestazione cui obbligatoriamente erano presenti gli e le alunne di tutte le scuole, elementari, medie e superiori e il Guf, l'organizzazione degli e delle universitari/e fascisti/e.
A Novara mia città natale eravamo in piazza Vittorio (Emanuele II, ovviamente) schierati/e. Stavo vicina a una mia compagna di classe, figlia di un avvocato cattolico antifascista che frequentava e a mia volta frequentavo per fare i compiti ecc. Infatti a riprova del prima citato antifascismo popolare, le famiglie si frequentavano per affinità politiche non dichiarate: a casa veniva Annamaria, figlia del citato avvocato o Paola figlia di un farmacista socialista e mai la figlia del federale del fascio.
A dimostrazione di quanto fossimo ignoranti Annamaria e io avevamo parlato tra noi su quel che Mussolini poteva annunciare nella manifestazione convocata per il 10 giugno e avremmo voluto e speravamo che rifacesse il famoso “giro di valzer” come l'Italia aveva fatto alla prima guerra mondiale. Ma quando la voce del Duce annunciò minacciosamente, ingrandita dagli altoparlanti che “la dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli Ambasciatori ecc.”, ci guardammo e dicemmo sconsolate: “siamo in guerra a fianco di Hitler”, addolorate e vergognose.
A quel che poi le persone si dissero nelle case uffici scuole al mercato, l'annuncio non fu accolto con eroico entusiasmo ecc., bensì con timore rifiuto ed ansia. Sapevano gli adulti che non eravamo affatto pronti e popolarmente fu considerato più abile e furbo Franco che tenne la Spagna favorevole, ma fuori, nella curiosa categoria di “nonbelligerante”.
Segue per tre anni una guerra rovinosa, che dobbiamo imparare obbligatoriamente leggendo e raccogliendo i comunicati del regime. Qui posso rifarmi a due fonti non allineate, una le associazioni di Azione cattolica (in particolare la Fuci universitaria) che la Chiesa aveva ottenuto di mantenere con il Concordato del 1929 col quale dette fiato al fascismo in difficoltà ricavando una posizione privilegiata che le consentì, unica, di mantenere associazioni e stampa non allineate. E l'altra fonte era il Liceo classico (naturalmente a Novara Liceo “Carlo Alberto”) nel quale si concentravano il prof. di italiano, quello di greco e latino, quello di filosofia e il prof. di religione che erano visibilmente antifascisti. Ne ho già raccontato nelle mie scritture autobiografiche.
Il 25 luglio del 1943 cade per interne contraddizioni il regime fascista, il re fa arrestare Mussolini e scoppia la gioia popolare, mi ricordo le finestre spalancate con bandiere tricolori e le persone affacciate che gridano “L'é burlà giò!” “È caduto!”, “L'è finida!” “È finita! (la guerra)” come tutti/e speravano. Badoglio il presidente del consiglio nominato dal re era capo di stato maggiore, prudente e fedele alla dinastia a prescindere, nemico di Graziani per motivi di carriera e governò in modo che successivamente una canzone resistenziale definiva così “O Badoglio, caro Badoglio col tuo degno compare Vittorio, tu ci hai proprio rotto i coglion! I fascisti li hai liberati, gli antifascisti li hai messi in galera, sei davvero una brutta figura, tutto questo salvarti non può”.
Non ci volle molto perché si capisse che non era finita, perché durante l'estate mentre truppe della Wehrmacht scendevano in tutta Italia, il re e Badoglio trattavano l'armistizio, che fu annunciato confusamente l'8 settembre del 1943, appena prima che il re e Badoglio scappassero a Brindisi, lasciando nelle peste l'esercito. Che era atteso, almeno quello stanziato in Italia, dalla Wehrmacht che sparava a vista sui Banditen disertori. L'esercito fu salvato dalle donne che ricoverarono tutti i giovani militari che fuggivano dalle caserme, facendo il primo grande episodio della Resistenza, col mettere a rischio le proprie case vite ricchezze di fronte alla caccia selvaggia ingaggiata dai nazi. Sulla mia partecipazione alla Resistenza ho già scritto, parlo perciò ancora del 25 aprile, che a Novara capitò il 23 o 24. Ci fu detto di aspettare in certi cascinali i partigiani che sarebbero calati in pianura e difatti mentre i fascisti scappavano arrivarono i partigiani che occuparono la città accolti con grande entusiasmo. Fu insediato come sindaco un vecchio professore di matematica socialista che era stato l'ultimo sindaco democratico tirato giù dal seggio e riempito di olio di ricino e poi vissuto poveramente di lezioni private durante il regime: fu il primo sindaco dopo il 25 aprile, alle elezioni fu poi sostituito da Moscatelli, il più famoso comandante partigiano eletto sindaco della liberazione in città. Si costituì prima delle elezioni una giunta fatta dai rappresentanti dei partiti del Cln, ne facevamo parte come collaboratrici Gisella Floreanini e io, che ogni mattina andavo in prefettura ove era stato insediato un famoso pediatra, il socialista Fornara, figlio del Fornarone (che era stato un famoso tisiologo) e fratello del Fornarino, detto medico dei poveri e comunista. In quei tempi per alcuni mesi al lavoro ci andavo con la scorta perché erano capitate minacce e busse. Andò tutto bene sicché sono ancora qui.
Lidia Menapace