Ombre che solo io vedo,
mi scortano i miei due nonni.
Lancia con punta d'osso,
tamburo di cuoio e legno:
il mio nonno nero.
Goletta nel collo largo,
grigia armatura guerriera:
il mio nonno bianco.
Piede nudo, torso scolpito
quello del mio nero;
pupille di vetro antartico
quelle del mio bianco!
Africa di selve umide
e di grossi gong sordi...
– Sto morendo!
(Dice il mio nonno nero.)
Acqua scura di caimani,
verdi mattine di cocchi...
– Mi stanco!
(Dice il mio nonno bianco.)
Oh vele di amaro vento,
galeone che arde nell'oro...
– Sto morendo!
(Dice il mio nonno nero.)
Oh coste dal collo vergine
ingannate da perline...!
– Mi stanco!
(Dice il mio nonno bianco.)
Oh puro sole ripudiato,
recluso nel cerchio del tropico;
oh luna rotonda e limpida
sopra il sonno delle scimmie!
Che navi, che navi!
Che neri, che neri!
Che lungo fulgore di canne!
Che frusta il negriero!
Pietra di pianto e di sangue,
vene e occhi socchiusi,
albe vuote,
crepuscoli d'ingegno,
una gran voce, una forte voce,
che dilania il silenzio.
Che navi, che navi,
che neri!
Ombre che solo io vedo,
mi scortano i miei due nonni.
Don Federico mi grida
e Taita Facundo tace;
i due nella notte sognano
e vanno, vanno.
Io li unisco.
– Federico!
Facundo! I due si abbracciano.
I due sospirano. I due
le forti teste alzano;
i due di stessa mole,
sotto le alte stelle;
i due di stessa mole,
ansia nera e ansia bianca,
i due di stessa mole,
gridano, sognano, piangono, cantano.
Sognano, piangono, cantano.
Piangono, cantano.
Cantano!
(da West Indies, Ltd., 1934)
Traduzione di Gordiano Lupi