Tra mondi reali e riflessi, percezione visiva e geometria, fantasia e rigore, con 140 opere – tra cui Mano con sfera riflettente (1935), Vincolo d’unione (1956) e Convesso e Concavo (1955) – si è inaugurata a Treviso, nel Museo di Santa Caterina, fino al 3 aprile 2016, a cura di Marco Bussagli e Federico Giudiceandrea e prodotta da Artemisia Group, la grande mostra antologica interamente dedicata a Escher, l’artista olandese genio dell’incisione, che racconta l’annodarsi di universi apparentemente inconciliabili i quali si armonizzano in una dimensione visiva decisamente unica.
Escher, nato nel 1898 a Leuwarden, piccola cittadina nel nord dei Paesi Bassi, si forma presso la scuola di Samuel Jessurun de Mesquita, un incisore olandese di origine ebraica che, con i segreti della tecnica, insegna pure quelli della composizione decorativa di tipo art noveau. Il punto cruciale nel percorso di Escher è però il più che decennale soggiorno in Italia protrattosi stabilmente dal 1923 al 1935. Nella nostra penisola – percorsa a piedi, col treno, a dorso di mulo in lungo e in largo, per amore del suo paesaggio – il giovane Escher incontra i primi successi espositivi e completa la sua formazione culturale frequentando artisti, incisori e importanti storici dell’arte.
La visita al complesso monumentale dell’Alhambra di Granata e alla moschea di Cordoba lo convincono poi ad approfondire lo studio dei metodi per la divisione regolare dei piani (o tassellazione) che, tuttavia, Escher svincola dal rigido limite del modulo geometrico per introdurre quello figurato. Sulla base dell’esperienza art noveau, l’artista confeziona una cifra stilistica inconfondibile che lo rese celebre nel mondo e dalla quale nacquero capolavori noti a tutti, come Metamorfosi o Giorno e notte. Accanto a questo filone principale, il grande incisore affronta anche il tema dello studio della struttura geometrica dei cristalli e quello dei paradossi percettivi, arrivando a inventare vere e proprie aberrazioni prospettiche, capaci di evocare mondi onirici al limite del surreale, apparentemente perfettamente logici, ma in realtà popolati di oggetti impossibili. È proprio nel periodo del suo viaggio in Italia, da lui ricordati come “gli anni migliori della mia vita”, che sposa a Viareggio nel 1924 Jetta Umiker, la madre dei suoi tre figli Arthur, Gorge e Jan di cui, i primi due furono concepiti durante un lungo soggiorno romano, mentre il terzo nacque ad Uccle, in Belgio. Nel 1941, la seconda guerra mondiale lo costringe a spostarsi a Baarn, la cittadina, oggi sede della Escher Foundation, che vede il suo periodo di massima produzione. Muore nel 1972 a Laren nella casa di riposo per artisti “Rosa-Spier”.
L’itinerario dell’esposizione, che tiene puntualmente conto delle esperienze formative artistiche e intellettuali del grande artista olandese – partendo dalle opere degli anni Venti del ‘900 di Jessurun de Mesquita, sua fonte d’ispirazione, e arrivando ai disegni e alle incisioni del lungo periodo in cui Escher visse in Italia, fino ai grandi capolavori come Altro mondo II o Mani che disegnano – è scandito da sei sezioni:
-La Formazione: Escher, l’Italia e l’ispirazione Art Nouveau
-Superfici riflettenti e metamorfiche
-Dall’Alhambra alle tessellature
-Paradossi geometrici: dal foglio allo spazio
-Economia escheriana
-Eschermania
In mostra si possono così ammirare le prime opere a carattere geometrico – di cui alcune con intento quasi didattico di spiegare i metodi di tasselazione e la derivazione dai mosaici dell’Alhambra – come pure i capolavori ormai noti a tutti gli appassionati, ma assai rari a vedersi in originale.
La ricca esposizione dedicata all’incisione olandese mette in mostra oltre 200 tra le sue opere più note, come Mano con sfera riflettente (1935), Metamorfosi II (1939-40) e Convesso e concavo (1955).
Non solo, però: la retrospettiva su Escher pone l’accento su aspetti mai affrontati prima d’ora, dal rapporto con Piranesi e il confronto con la dimensione concettuale di Luca Patella. Il veneziano Giovan Battista Piranesi vissuto nella Roma del 700, influenzò, in Escher lo sviluppo dell’approccio alla prospettiva. Escher, pur non nominandolo mai direttamente, conosceva Giovan Battista Piranesi. Ne è conferma l’ampia biografia redatta da Win Hazeu, nella quale si ricorda che alcune stampe di Piranesi acquistate a Roma, avevano un posto d’onore nello studio dell’artista a Chateau d’Oex in Svizzera, dove Escher si era trasferito nel 1935.
Escher inoltre avrebbe potuto conoscere in maniera approfondita le stampe di Piranesi attraverso la monografia che Federico Hermanin dedicò all’artista nel 1923 dove era rappresentata la celebre serie delle Carceri d’invenzione, edita nel 1761. il turbinio di scale e le prospettive audaci lasciarono certamente un segno nella modalità con cui Escher affronterà la prospettiva.
Mauritius Cornelis Escher occupa un ruolo speciale nella storia dell’arte contemporanea per la sua produzione posteriore al 1935, anno in cui lasciò l’Italia fascista dopo una permanenza di dodici anni a Roma per tornare, dopo due ulteriori anni in Svizzera e cinque in Belgio, definitivamente in Olahda.
Fino ad allora egli si era dedicato a litografie e xilografie, principalmente paesaggi e architetture; dopo di allora, pur mantenendo lo stesso mezzo espressivo, il contenuto delle sue opere divenne sempre meno raffigurativo e sempre più intellettuale, ed egli si ritrovò ad usare in maniera crescente, dapprima inconsciamente e poi volutamente, motivi matematici:
Affrontando gli enigmi che ci circondano, e considerando
e analizzando le mie osservazioni, sono finito nel
dominio della matematica. Benché mi manchino
completamente educazione e conoscenza
scientifiche, spesso mi sembra di avere più in comune
con i matematici che con i miei colleghi artisti.
Mauritius Cornelis Escher
Maria Paola Forlani