Perché uccidiamo persone che stanno uccidendo persone per dimostrare che uccidere è sbagliato?
(Holly Near)
È la storia che si ripete. È la ciclica follia che riesplode a tempi pressoché regolari. È la vecchia storia che ricalca se stessa ossessivamente, sprofondando nel solco di una trincea perenne. E non importa chi ci sia dall’altra parte, purché rivesta le “ragioni” della “necessità” della guerra.
Anche stavolta il dado è tratto. E il nemico del momento, feroce e cieco, sarà distrutto. Parola di Obama. Premio Nobel per la Pace 2009.
E papa Francesco che dice? Bergoglio, come tutti i suoi predecessori, condanna ma non esclude. E fa un netto distinguo fra maledetti e benedetti, fra i delinquenti che fanno le guerre e gli operatori di pace. Sui generis, senza addentrarsi nello specifico.
E che cosa esprime l’opinione pubblica, al di là delle statistiche più o meno ufficiali? Ma dopotutto che importa, chi mai lo sta a sentire il popolo?
Dejà vu.
15 febbraio 2003 a Roma. Giornata Mondiale della Pace. “Fermiamo Saddam ma non con le bombe. Not in my name!”
Chiaro e tondo, da tutto il mondo!
Ma tutto era già deciso e irrevocabile. E la pioggia di missili angloamericani sommerse Bagdad alla vigilia della primavera. Con incalcolabili effetti collaterali.
La guerra è una vergogna. La guerra è sempre una sconfitta. La guerra uccide la civiltà.
NON IN MIO NOME.
Maria Lanciotti