La raccolta Dall’universo del mio cuore di Caterina Falcone è una sincera offerta di un’anima nuda che non teme di mettersi in mostra, al contrario pare aver trovato nella parola sofferta, pensata e scritta una forma concreta di attenzione a se stessa e alla propria storia. Per questo le poesie dell’autrice sono da lei definite bio-poesie.
Il mondo poetico di Caterina Falcone attinge all’infanzia, in pochi tratti dipinta, come solitaria, ma ancora felice:
Oh sì… da piccoli eravamo pronti a credere a tutto
Compresa l’esperienza della nostra primavera (…)
sani di bontà
Mentre la vita ci arrideva ancora
(da “Il boschetto”)
Dietro la porta chiusa
Io amavo nei libri la realtà
E crescevo immune
Affilando i miei sentimenti
Quotidiani sognando il vero avvicinarsi
Di un radioso destino
(da “Dietro la porta chiusa”)
Le fasi successive sono, invece, quelle di un’esistenza in cui a dominare è la sofferenza e la fragilità psicologica:
Da ogni giorno della mia esistenza
Promanano sofferenze che influenzano
Il mio presente e il mio futuro
Terrificanti, orribili
(da “Ogni giorno”)
La voce dell’autrice narra di una vita che consuma, di gente orrida nei suoi difetti, ad abitare il mondo; spesso, di cattivi maestri incontrati in cerca di aiuto e rivelatisi, invece, incauti insegnanti, capaci di parlare di alterne filosofie/ Categorie concettuali/ Improntate al sapere/ Individuale ma inadatti a provare emozioni e sentimenti.
Anche il senso religioso trova molto spazio nella poetica di Caterina Falcone: ad alternarsi, da un lato un’esperienza religiosa proposta da altri alla poetessa, come tentativo socializzante-comunitario, sotto il riparo di dogmi e regole, che però si rivela fallimentare. Dall’altro, il sentimento religioso-spirituale, unico che interessi all’autrice, in cui talvolta ritrovare un valore che diviene speranza e “Preghiera”:
Signore, mio signore
guarda ascolta tocca odora
E parla con me
E con la mia sofferenza quotidiana
Donami pace e sicurezza
E fammi provare gioia e felicità
Per il mio inferno, per il mio istinto
Un inferno dal quale, a tratti, l’autrice riesce a riemergere, accorgendosi – allora – con sensibilità di ciò che l’attornia ed ha vita propria. È così che, ad esempio, nascono dalla sua penna le belle immagini di una poesia come “Certe donne”:
Certe donne arrossiscono in fretta
Sfiorate appena da chi le può amare
Restano chiuse nel loro rossore
E non si aprono al loro cantare
Certe donne son più generose
Danno sé stesse a chi profuma di rose
Dicono poi che sono pentite
Quando si spezzano le loro vite
Certe donne hanno nastri d’argento
Sono belle di fuori e di dentro
Emanano gioia e la loro natura
È pura luce, color che non dura
Le poesie di Caterina Falcone scorrono con ritmo su registri esplicitamente autobiografici. Ciò presuppone, per loro stessa natura, un accentuato carattere di sfogo, impetuoso, quasi diaristico, sovente sostenuto da accenti accusatori. Quando però l’autrice abbandona per un attimo questi ultimi, le immagini poetiche risultano più finemente lavorate e allora – a mio parere – la materia dei suoi componimenti, che resta di stampo pessimistico, è resa più interessante, divenendo riflessione sulla natura tragica dell’umano, del suo vivere, del suo destino ultimo, colto, soprattutto, nella sua caducità e nella difficoltà di certe vite di rimanere in bilico sulla propria esistenza.
Nelle ultime poesie proposte nella raccolta Dall’universo del mio cuore ecco l’autrice ritrovare un suo spazio, che è amore da riconquistare, prima di tutto verso di sé. E così il tormento sfinito, il posto che indica col dito la mia luna – fino ad allora – vuoto di buona fortuna (in “La felicità si consuma”) diventa solitudine inebriata, in “Sono”:
Dov’è l’amore?
Io sono l’amore (…)
La mia esistenza muove
Verso ciò che sono nel profondo:
un vago urlo d’umanità nel mondo
Annagloria Del Piano
Caterina Falcone, Dall'universo del mio cuore
Bio-poesie, Presentazione di Marina Cotelli
Sondrio, 2015