Firenze, 8 gennaio 2015 – Guardiamo un po' meno a caldo quanto accaduto ieri nella sede del settimanale satirico francese. Esecrazione generale, ognuno in base ai propri convincimenti, con le scontate levate di scudi da parte di chi usa la propria ignoranza per cercare di erigerla a governo del civile: razzisti di varia tacca in prima fila. Fin qui, tutto normale. L'esecrazione è più o meno la stessa che abbiamo riscontrato per le stragi che vengono ritenute del settore, cioè quelle con matrice politica/religiosa. E come si fa a non essere d'accordo contro chi ammazza delle persone in nome di qualcosa che l'assassino stesso ritiene degno di sacrificio al proprio dio? Il “problema” nasce quando questi ammazzamenti vengono invece fatti nel nome del dio di cui si condividono i riti sacrificali.
Certo -dicono in tanti- un dio che si presuppone chieda ai propri fedeli il sacrificio umano, che razza di dio è? Per alcuni è comunque un dio perfetto, per altri è fanatismo o degenerazione da o per quel dio. Come si fa, quando accadono fatti come quello parigino, a non capire l'imbarazzo dei tanti musulmani nel mondo che mai farebbero male alla cosiddetta mosca? Lo sapevamo ieri e lo sappiamo anche oggi. In questi ultimi decenni, inoltre, non sono una grande novità gli ammazzamenti in nome di questo dio (Torri gemelle, Parigi, Londra, Madrid, per dirne solo alcune più “grosse” e più “vicine” a noi occidentali) o contro questo stesso dio (Norvegia). Se poi ci spostiamo dagli scranni di “casa nostra”, gli ammazzamenti del genere sono quotidiani (37 morti solo ieri a Sanaa/Yemen, quasi in contemporanea con Parigi). Se poi andiamo indietro nella storia, come possiamo dimenticare le stragi che i cristiani facevano con le Crociate per sottomettere (sì, sottomettere, proprio come dicono oggi gli assassini in nome del Corano) questo o quell'altro infedele.
Ma il dio è solo quello delle vergini che rimangono incinte o delle vergini che ti aspettano in paradiso? Fino ad un certo momento della storia dell'umanità, sembra che sia stato così, ma poi, con l'avvento dei secoli che stiamo vivendo ora, è arrivato anche il dio denaro e il dio civiltà. Per il primo (dio denaro) si commettono ammazzamenti ogni giorno ovunque e, con più o meno “ragioni di Stato”, gli assassini rimangono impuniti: spesso al punitore sfugge (con consapevolezza o meno, poco importa) l'ammazzamento come conseguenza del sacrificio a questo dio. Per il secondo (dio civiltà) si commettono altrettanti ammazzamenti quotidiani perché, per il mantenimento di questo dio si ricorre a sacrifici umani, animali e naturali per i quali ci si salva la coscienza istituendo organismi per la loro prevenzione e cura, ma che quasi sempre sono solo ordinatori e razionalizzatori del sacrificio già compiuto o in atto (la strage di Ebola in Africa dell'ovest, è solo l'ultimo eclatante sacrificio in ordine temporale).
Qual è il filo conduttore tra tutti questi dii? Che ci sono sempre i cosiddetti fanatici (manifesti od occulti, poco importa) che pur di onorarli, falcidiano quelli che ritengono gli ostacoli, senza pietà (direbbero i cristiani).
Rimedi? Facili non ce ne sono, perché c'è da combattere contro culture e pratiche millenarie dei seguaci dei vecchi e nuovi dii.
Tendenza per la riduzione del danno? Si tratta, in ogni caso, di pene di morte. E come i Paesi cosiddetti più civili combattono la pena di morte, altrettanto potrebbe essere fatto liberandosi di ogni presunta missione a cui si è ispirati in nome del proprio dio ritenuto più buono o meno cattivo di quello dell'altro. Quando sentiamo cose tipo “supremazia dei valori occidentali”, “lotta contro la censura”, etc. riferendosi a fatti come quelli di Charlie Ebdo, restiamo perplessi. Sono frasi che forse avrebbero senso se si trattasse di imbastire una iniziativa contro un qualche presidente o re occidentale che sequestra questo o quell'altro giornale che riporta cose a lui non gradite. Ma nel nostro caso sono inutili. Ve l'immaginate, quando e se dovessero essere arrestati gli assassini di Charlie Hebdo, si dovesse dir loro qualcosa tipo “non è giusto che tu lotti per la censura della nostra libertà di espressione”... non capirebbe di cosa stiamo parlando.
Si tratta -a nostro avviso- solo di una lotta universale contro tutti coloro che infliggono e praticano la pena di morte, partendo dal dato di fatto che quando questa pena viene comminata, lo si fa sempre in nome di un dio che viene ritenuto superiore. Se invece ci liberassimo di questi dii superiori, forse la lotta contro questa pena di morte potrebbe essere più efficace e -sempre forse- essere compresa dai più, anche e soprattutto da quelli a noi più lontani e nemici.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
Illustrazione. Penguen, uno dei più importanti settimanali satirici turchi, in lutto per l'attacco contro Charlie Hebdo.