Wendy Guerra – una vera scrittrice cubana – sogna che un giorno i suoi libri siano pubblicati in patria, anche i più pericolosi, persino Todos se van (2006, uscito in Italia con il titolo Tutti se ne vanno) e i romanzi che affrontano i problemi della vita quotidiana. L'autrice di Nunca fui primera dama (2008), inedito in Italia, ha detto nel corso della Fiera Internazionale del Libro di Santiago: “La situazione attuale a Cuba significa che la mia società non è preparata a leggere le mie opere”. Infatti, in patria, è stato pubblicato soltanto Posar desnuda en La Habana. Diario apócrifo de Anaís Nin, romanzo storico-erotico su un viaggio caraibico della scrittrice statunitense negli anni Venti.
Wendy Guerra ha aggiunto che nel suo paese “si leggono clandestinamente molte opere di scrittori non graditi al governo”, non solo i suoi romanzi, accade anche con “Pedro Juan Gutiérrez, Leonardo Padura, Reinaldo Arenas, Guillermo Cabrera Infante”. Wendy Guerra è stata premiata in Spagna e in Francia per il libro Todos se van, che in Italia è passato sotto silenzio, come spesso accade con la vera letteratura. Da noi siamo vaccinati contro i libri importanti, non li amiamo, preferiamo il Fabio Volo di turno o l'autobiografia di Paolino Ruffini. Credo di essere stato uno dei pochi a recensire il romanzo, ma non è servito a molto. Wendy Guerra è nata a Cuba nel 1970, ha lavorato in televisione, fino a quando non è stata allontanata per motivi politici. “Soffro il silenzio delle parole e delle cose proibite. Amo narrare la nostra vita con un minimo di fiction. Nei confronti del mio paese sono come una donna adultera. La mia letteratura è vicina ai nostri corpi e alle nostre menti, è una letteratura umana”, ha detto.
Tutto questo contrasta non poco con la totale libertà di movimento e di pubblicazione (anche se soltanto via Internet) concessa a Yoani Sánchez, che non è una scrittrice ma una blogtrotter. In ogni caso, vale la pena di aggiungere che molti di questi scrittori cubani non allineati pubblicano all'estero soltanto se ben remunerati, forse perché intravedono nella loro posizione una rendita da far fruttare. Personalmente ho tradotto per passione l'ultimo libro di poesie di Pedro Juan Gutiérrez, ma quando gli ho fatto una proposta economica per pubblicarle in Italia, lo scrittore ha rifiutato sdegnato. Non solo: mi ha intimato – tramite la sua agente – di non pubblicare niente di suo in italiano. Forse non conosce il detto: la poesia non dà da mangiare. Forse crede che la libertà di espressione si guadagni rimpinguando il conto in banca. Siamo alle solite: se questi sono il nuovo che avanza, preferiamo il vecchio che arranca.
Gordiano Lupi