Clelia e la sua bella famiglia. Clelia e i suoi amici. Clelia e il suo magnifico mestiere, ogni alunno un fiore da coltivare con dedizione e passione e da far sbocciare in piena libertà e consapevolezza a ogni suggestione della luce e della vita. Clelia e la Natura: il mare, il cielo, lo sfolgorante sole, la pioggia rigeneratrice, le nubi come delicati carri in lieve corsa o fantastici animali, possibilità senza confini. Clelia e la poesia...
Un'anima speciale, quella di Clelia Esposito: madre, maestra, poetessa. A ben vedere, ogni anima è speciale, un unicum nella inter-relazione senza limiti che regola il magnifico cosmo. Semplicemente, alcuni più di altri sanno raccontare di malinconie e gioie, dolori e felicità; alcuni più di altri sanno empaticamente entrare nelle fibre antiche di un ulivo, cogliendone la segreta voce, o farsi penetrare dalle parole del vento che giunge da lontano, portando con sé infinite parole d'infinite genti da altrove, quell'altrove che pure ci dimora dentro. Ma nessuno di questi alcuni può fare a meno degli altri: gli altri che ci ascoltano o ci leggono; gli altri che sono in ogni caso parte di noi; gli altri che dentro le proprie valli interiori fanno rimbalzare gli echi d'ogni giorno che si succede, alba poetica, notte che riluce nonostante. La vivificante poesia, messaggio di nostalgia per l'età dell'oro, viatico di speranza, voglia di un mondo giusto puro bello.
E l'amore, che dire dell'amore che ci colma il cuore, illude, disillude e ritempra, eterna fonte? “Mi tieni sulla punta delle dita/ come granello di sabbia/ sui polpastrelli lucenti./ Mi tieni nei tuoi sguardi/ o non mi vedi oppure sono la più alta/ vetta di monti irraggiungibili/ e penso, sgombra d’ogni dubbio,/ che siamo il nulla o un’invenzione/ del pensiero e ti porto sulla punta/ della lingua come qualcosa/ che non ti ho saputo dire”. La divagazione lirica, la genuina potenza della metafora... “Le tue labbra stellate,/ orma del mio pensiero,/ son fiori di primavera/ sui rami dell’amore.// Le tue labbra stellate,/ riva e orizzonte,/ sono acqua di mare/ che mi bagna l’anima”.
Cadute, ascese e ascesi... “Nella tua onda annego e non respiro,/ ostinata cerco la fermezza/ e la gioia di un’esistenza/ profonda come abisso”. Lo smarrimento esistenziale, l'identità perduta nell'implacabile movimento dei giorni, il ritrovarsi. Chi sono io? Una domanda di sempre, nella storia (e nell'a-storia) dell'umanità... “Ad ogni sorgere del sole/ mi domando del proprio Io/ e mi porto addosso il mattino/ e la sua favola inedita./ Sono nell’introduzione oppure nel finale?/ Prologo ed epilogo nella stessa pagina”. È ancora e sempre, con felicissima immagine, “il torpore della visione perduta”? Eppure non è un sonno annientatore, bensì una meditazione sognante/un sogno lucido, una profezia, un'altra verità – forse la Verità rispetto alle bugie del quotidiano cui ci vorrebbero inchiodare, al superfluo, all'inutile, alle ottuse e stupide incrostazioni dell'egoismo – e il riscatto della vita vera, di ciò che conta, contro il ricatto della burocrazia e della meschina logica del profitto cui vorrebbero costringere i nostri sentimenti e pensieri. La poesia di Clelia rivendica la piena libertà di essere e dell'essere in comunione con. “Questa terra non sa più donarmi gioia./ Sarà forse nei tuoi abissi pieni di perle/ e di corallo la mia dimora.// Vorrei essere una tua isola/ inventare l’arcipelago della felicità”. E... “Siamo fatti di stelle/ con una linea d'assenza/ di luce negli occhi/ e nell'incontro delle nostre voci/ s'interpone il silenzio./ Siamo galassie e deserti,/ dove regna l'inquieta nudità/ della notte, la muta assenza/ di segni e suoni.// Ma se fossimo stelle pure/ e il cielo avesse una sola cornice,/ non esisterebbero solitudini stanche/ e la musica dei giorni diffonderebbe/ le vibrazioni dei cuori”.
Harmonia mundi e l'innocenza perduta: la possibilità di riconquistarle, partendo dagli orizzonti interiori... “Se potessi/ scegliere di essere altra vita/ sceglierei d’essere uccello,/ oppure acqua.// Potrei sperimentare il volo,/ l’ingegneria di costruzione/ usando il becco solo e la felicità/ di abitare il cielo e ogni luogo.// Ma se potessi scegliere d’essere acqua/ vorrei appartenere a tutta la Terra/ e vorrei nascere e morire di continuo/ laddove la sete spegne la vita/ e non si prova la gioia d’esser vivi”. L'utopia come via, sentiero che conduce. E tutto si ri-salda in un disegno complessivo (divino per chi ha Fede, ma non meno grandioso per chiunque)... “Bruciava di passione/ l’inferno del cielo.// Le dischiuse azzurre labbra/ provavano a ridare canto/ alla gioia degli uccelli.// Impassibile il mare/ srotolava onda dopo onda/ il suo azzurro tappeto.// Timidamente l’estate/ si affacciava pensosa,/ inseguita da nubi infuocate”. “Io non so far altro/ che lodare il cielo,/ così vasto e prigioniero/ del suo azzurro,/ dei suoi monili/ d’argento e d’oro/ che zampillano luce/ come acqua dalla fonte./ Io non so far altro/ che lodare la terra/ che calpesto,/ i verdi paradisi,/ il grano e l’acqua,/ i fiori e i frutti./ Non so fare altro/ in questo Paradiso,/ io so soltanto amare”. Io so soltanto amare... Un insegnamento morale, oltre qualsivoglia limite didascalico.
Un libro d'esordio, ma assolutamente compiuto, di splendida forma e ardente umanità. Preziosa miniera... “Ai posteri forse lascerò fotogrammi/ di vita ingarbugliata o immaginarie poesie/ oppure mucchi di parole frastagliate/ come scogliere.// Ma è lì che la mia umanità s’infrange,/ usando regole e strofe tratte/ da fondali intorbiditi dell’anima.// Lasciate che le mie parole siano vere/ come il gracidare delle rane tra i canneti,/ quando affiorino come delfini dalle acque/ per immergersi di nuovo e inchinarsi al sole”. “Sparsi pensieri viaggiano lontano/ laddove si diradano le nebbie/ e nei fiumi scorre inebriante/ liquore di primavere.// In ginocchio come le ombre degli alberi/ mi chino anch’io/ all’ombra di ginestre come il sole/ e all’ostinato mio pensiero/ impongo il suo silenzio.// Oggi non posso mancare/ all’appuntamento/ col volo e il canto trionfante delle rondini,/ coi profumi, i colori, il vento,/ e illusa d’esser senza memoria per l’ebbrezza,/ al lieto gracidare tra i canneti/ di rane anch’esse illuse,/ volgo lo sguardo al mare oltre le dune”.
E non manca la sensibilità sociale (in tempi di cattivi maestri...), come ben dimostra il tributo e omaggio che Clelia ha voluto dedicare ad Alda Merini, la Regina dei Navigli, la poetessa della Terra Santa dei diversi... “Morendo quel giorno hai battuto il nemico,/ quella morte spietata/ che sa cancellare corpi e memorie./ Ma tu non sarai mai oblio,/ vivrai per sempre/ col fragile groviglio di turbamenti/ che riconosco in parte anche miei./ E il tuo corpo è immortale,/ ne sento la voce, proviene dai versi/ appoggiati con grazia su pagine candide./ Sento la forza e il coraggio/ di quel volo d’aquila che sorvola le anime,/ ne conosce nascondigli e segreti,/ li scruta con prepotenza e li porta alla luce./ Splende e rinasce ogni volta col sole/ l’eterna bellezza di un’anima nuda e vera./ E tutto è lasciato/ in un testamento di sublime poesia/ di cui solo un mondo che ha anima e croce/ può diventare l’erede”.
Amici lettori, immergetevi con fiducia e provvisti di stupore nelle pagine che seguono. Con Le colonne del vento potrete compiere un lungo meraviglioso viaggio. La meta è lontana, ma il cammino è fecondo. Il cammino insieme, di più.
Alberto Figliolia
Clelia Esposito, Le colonne del vento
Albalibri, 2014, € 12,00