Fereshteh Sari
Sole a Teheran
Edipress, 2014, pp. 204, € 15,00
Trenta anni di storia dell’Iran trascorrono nelle pagine del romanzo di Fereshteh Sari, Sole a Teheran, traduzione di Anna Vanza, che nella nota introduttiva scrive: «Il romanzo, ancora inedito in Iran, è stato scritto per gli iraniani: tanto per i coetanei dell’Autrice, protagonisti delle prime fasi della Rivoluzione che certamente si troveranno nelle situazioni narrate, quanto per le giovani generazioni, che hanno memoria di quegli eventi tramite la narrativa ufficiale oppure grazie ai genitori». Fereshteh Sari è una delle maggiori scrittrici iraniane contemporanee che molto deve aver preso dal suo vissuto per la creazione delle storie.
Le protagoniste, Setareh e Nilufar, che nel 1979 erano giovani universitarie appartenenti ad una classe sociale medio alta, nel 2009, al tempo di Ahmadinejad e in attesa di una nuova consultazione elettorale, sono madri che hanno conosciuto la speranza e poi la sofferenza, l’insicurezza, la paura, per sé e per i propri cari. Si raccontano alternando le loro voci, e la narrazione procede tra passato e presente, facendo rivivere il clima prerivoluzionario, le speranze, i progetti, le ideologie. E poi la restaurazione postrivoluzionaria e le leggi della repubblica islamica, con il carcere, le esecuzioni, le fosse comuni.
Setareh ha militato nell’estrema sinistra a suo rischio, ma anche chi, come Nilufar, non si era fatta coinvolgere dalla politica, prova le conseguenze della trasformazione, colpita negli affetti più cari, privata di casa e sostanze. Donne che sono riuscite a sopravvivere e passare tra le maglie dei controlli di polizia, ma che continuano a buona ragione a temere per i loro figli, in un regime che vieta e reprime.
E a chi si lamenta dei tempi che corrono e accusa la generazione dei padri di essere responsabile di quella situazione di non libertà, rispondono che loro ci hanno creduto, hanno provato ed hanno pagato, ora tocca ai giovani cambiare ciò che non funziona.
Certo è che, nonostante la sofferenza e i morti giustiziati, prima vittime della polizia dello shah poi di Komeini, la loro capacità di adeguamento non viene mai meno: fuori della porta di casa sono costrette a piegarsi come giunchi, mentre i sentimenti, le idee, le scelte individuali, continuano a costituire la forza che spinge ad andare avanti e sperare, chiusi dentro le pareti domestiche e condivisi con gli amici veri.
Marisa Cecchetti