(a mio padre, a mia madre)
Non avete dato alla luce le stelle,
ma il mio sguardo che si leva,
non avete scolpito la finestra,
ma la mia pelle,
e i limiti dei miei lineamenti,
i gomiti che ora appoggio al davanzale.
Quando vi siete amati, per un attimo,
non avete pensato al male,
e forse la mia anima sentiva già tirare
verso l’estate.
Discesi sguainando le ali per l’ultima volta,
lo so da questa sensazione che ritrovo
quando mi affaccio alle finestre,
quando taccio e inchiodo
il mio silenzio a un paesaggio.
Alzo sempre gli occhi ed è come restare
centinaia di chilometri sotto il pelo dell’acqua,
come guardare in su verso la superficie del mare.
Per un istante accade a tutti forse
tornando con gli occhi sul mondo
di capire che guardare nell’alto dei cieli
è guardare dal profondo.
Vi sento vivere dal bar di un’isola,
in un punto di luce che prima era una nave.
Ricorderò per sempre come vi guardate,
e adesso so qualcosa del mio arrivo
di perché mi avete voluto quel giorno,
non ce ne siamo mai andati dall’eterno,
so che misteriosamente non si tratta
di un’andata e di un ritorno.
Pietro Federico