La gravità della crisi che stiamo attraversando e la situazione di incertezza materiale, culturale e politica in cui ci troviamo dovrebbe indurci ad una riflessione.
Il problema principale, quello più avvertito da tutti è certamente il lavoro.
Aspettiamo con ansia il piano per il lavoro del nuovo premier Renzi (lui lo chiama job act); molti comuni hanno questo tema nella loro agenda elettorale; alcune forze politiche propongono il reddito minimo garantito da finanziare con una patrimoniale e con la lotta all’evasione….
Numerosi sono gli studi che analizzano la situazione a livello nazionale, europeo o globale. Alcuni paesi, come la Germania, hanno messo in atto alcune azioni come i mini job e altro…
Ho trovato molto interessante la proposta di Ina Praetorius (foto) che ha raccolto le firme per l’ennesimo referendum svizzero per proporre l’introduzione di un “reddito di base incondizionato” partendo però da un ragionamento che ho trovato rivoluzionario, forse visionario, certamente nuovo e che scardina alcuni paradigmi sul concetto di economia. Ina Praetorius parte da lontano: tutti siamo venuti al mondo come poppanti che per sopravvivere hanno bisogno di cure. Cure che i nuovi nati ricevono come dono. Ma anche da adulti, riceviamo una serie di cure che non paghiamo. Eppure intorno a queste cure gira un’economia. “L’economia viene sì definita come azione collettiva, basata sulla divisione del lavoro per soddisfare i bisogni umani, ma di fatto si comincia a parlare di economia a partire dai soldi, dal mercato, dallo stato e dall’età adulta, tacendo così almeno la metà delle misure atte a soddisfare i bisogni: infatti il lavoro di cura indispensabile, finora in larga misura gratuito, è il settore maggiore dell’economia… Anche se una grande parte della società continua a rifiutarsi di guardare TUTTA l’economia, è giusto dire che solo chi ha una visione d’insieme – che comprende cura di base, lavoro volontario, mercato e forse altro ancora – e solo chi vede il nostro agire economico inserito nel cosmo vulnerabile che continua ad elargire doni, può affrontare le varie crisi del nostro tempo in modo adeguato e sviluppare soluzioni durevoli…”
I diritti (alla salute, all’istruzione ecc.) per Ina Praetorius costituiscono anche una sorta di debito per ciascuno di noi; ciascuno di noi dovrebbe restituire qualcosa. La “cura” non dev’essere connotata come un atteggiamento materno, dev’essere “la cura del mondo” alla quale tutti siamo chiamati a e “non solo le donne che già da molto tempo si stanno facendo carico della maggior parte delle attività necessarie, senza quegli incentivi economici da molti ritenuti indispensabili”.
Nel nuovo sistema ipotizzato dalla Praetorius, una persona che guadagna 10.000 franchi svizzeri, riceve un reddito di base incondizionato di 2.500 franchi e uno stipendio di 7.500.
L’iniziativa popolare per un reddito di base incondizionato ha consegnato a Berna il 4 ottobre 2013 più di 120.000 firme valide.
Il dibattito continua non solo sull’economia delle mani invisibili perché non remunerate, ma anche sui due piani della dipendenza (dalle cure) e della reciprocità.
In questo senso il “reddito incondizionato di base” è radicalmente, concettualmente diverso dal reddito minimo garantito.
Vuoi vedere che se passa il referendum riceveremo una lezione culturale dalla Svizzera?!?
Martina Simonini
(per 'l Gazetin, marzo 2014)