Saranno i tribunali a scrivere (o a riscrivere) i libri di storia? Mi auguro di no, anche se la piega che sta prendendo la discussione sul negazionismo non induce a pensieri troppo ottimistici, basti pensare che già 14 stati europei hanno provveduto a introdurlo come reato nei loro codici penali. Al riguardo ho già avuto modo di dire la mia sul Gazetin e se torno su questo tema è perché non riesco a comprendere come si possa arrivare anche in Italia, come già in altri paesi, a mettere sotto accusa con tanto di processo penale chi non si allinea al pensiero dominante. Proprio di questo si sta in questi giorni discutendo in Senato all'interno del ddl n. 54 “Contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra”.
Come è noto, alcuni storici magari non troppo attendibili, sostengono che la Shoah ebraica sia poco più di un'invenzione o comunque un fatto storico ingigantito nelle sue dimensioni per speculazioni di varia natura. È scontato che queste tesi lasciano il tempo che trovano. Lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti è un fatto storico acclarato e inconfutabile, eccezionale per ferocia, insensatezza e dimensioni. Detto questo però io non vedo perché si debba proibire a chicchessia di affermare opinioni diverse. Naturalmente non si possono diffondere tesi razziste, né affermazioni atte a suscitare odio nei confronti di un popolo. Su questo non si discute. Ma non si può proibire a nessuno di esprimere il proprio giudizio su un determinato fatto storico, per quanto tale giudizio possa essere criticabile. Ripeto: parlo di opinioni che si mantengono nei limiti di una visione storica più o meno corretta, non di affermazioni o di azioni atte a determinare discriminazione etnica nel campo della vita sociale. Norme penali che puniscono queste condotte sono già presenti nei codici dei paesi europei, senza che sia necessario codificare altri reati.
Mi scuso dell'esempio improprio e anche un po' leggero, ma ognuno di noi ha avuto modo di conoscere “negazionisti” della porta accanto. C'è chi nega che Cristo sia morto in croce, che Colombo abbia scoperto l'America, che l'uomo sia sbarcato sulla luna (“hanno scattato qualche foto nel deserto”, dicono). Ci sono poi quelli che, all'opposto, non negano affatto ma sostengono con convinzione le tesi più strampalate: che Hitler sia fuggito in Sudamerica, che Marilyn Monroe sia ancora in vita, che il presidente degli Stati Uniti George Bush ha ordinato di persona l'attacco alle torri gemelle, che Andreotti è stato il vero capo di Cosa Nostra, ecc. Di fronte a queste amenità che poi tanto amene non sono non si sa se ridere o se piangere. Ma a nessuno può venire in mente di mettere sotto processo chi le sostiene. La libertà di opinione è sacra. Anche quella di dire sciocchezze, sempre che le sciocchezze rimangano nei limiti che loro competono.
Tuttavia anche le leggi devono darsi un limite. Non tocca a loro giudicare la storia, né la storiografia. Insomma io non vorrei proprio che anche in Italia si arrivasse a una legge contro il negazionismo. Autorevoli storici presenti nel Parlamento italiano, come il professor Gotor, hanno espresso analogo parere. Lo stesso Presidente della Repubblica ha avanzato serie riserve sul provvedimento che si vorrebbe adottare. Pensare che chi nega o ridimensiona l'Olocausto debba finire sotto processo e rischiare una condanna da uno a cinque anni di carcere (questo prevede il disegno di legge all'esame del Senato) mi sembra una cosa che non sta né in cielo né in terra. Si tratterebbe di un salto all'indietro nel tempo, di un ritorno alla caccia alle streghe del quale non c'è alcun bisogno.
Di recente la Francia, dimenticando di essere la patria dell'Illuminismo e suscitando le vibranti proteste della Turchia, ha introdotto nel suo codice il reato di negazionismo per chi misconosce il genocidio armeno a opera dei Turchi durante la 1ª guerra mondiale. Io mi chiedo: di questo passo dove andremo a finire? Come scriveremo i libri di storia? Soltanto nell'ultimo secolo, oltre a quelli già ricordati degli ebrei e degli armeni si sono verificati altri genocidi di vario genere, che hanno interessato tutti (dico tutti) i cinque continenti. Non sto a elencarli perché si tratta di una catena di stragi impressionante, aggiungo soltanto che il numero delle vittime di questi stermini di massa supera di gran lunga il numero complessivo delle vittime delle due guerre mondiali. È appena il caso di ricordare che anche noi italiani abbiamo fatto la nostra parte: non ci ricordano niente, ad esempio, il generale Graziani e l'Etiopia?
Ma torno alla domanda precedente: se interverrà la legge, come scriveremo i libri di storia? Come li scriveranno i serbi e i croati? O gli hutu e i tutsi? O gli israeliani e i palestinesi?
No, non dovranno essere i tribunali a occuparsi di storia. A proposito della legge francese prima ricordata che condanna penalmente chi nega il genocidio armeno e in opposizione a una visione ufficiale della Storia dettata dalle leggi, ha detto lo studioso francese Pierre Nora: «Io difendo una memoria collettiva. Se ci eleviamo a coscienza universale, allora condanniamo pure gli americani per gli indiani, i cinesi per i tibetani. La storia tutta intera è un crimine contro l'umanità». Considerazioni che ci fanno comprendere come non si debba imporre il pensiero unico, ma sia piuttosto necessario operare concretamente perché nessun genocidio abbia a ripetersi. I crimini contro l'umanità sono sempre mostruosi, indipendentemente dal giudizio che se ne può dare. In quanto ai governi e ai parlamenti lascino che siano gli storici a scrivere di storia e non le nuove Inquisizioni che, incredibile a dirsi, rialzano la testa nell'anno di grazia 2014. La comunità internazionale con le sue organizzazioni, Onu in testa, si dia invece da fare per impedire violenze, prepotenze e massacri e per fermare i fiumi di sangue innocente che ancora scorrono per il mondo.
Gino Songini
(per i miei “pensieri inutili” sul Gazetin, febbraio 2014
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