Carlo Bassi (Ferrara 1923) ha operato per lungo tempo a Milano nello studio di progettazione con l’architetto Goffredo Boschetti.
Sue opere importanti sono la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino costruita negli anni 1951-1959, dopo un concorso nazionale vinto, e l’istituto medico “Sante Zennaro” a Imola, complesso sanitario e scolastico ora adibito a struttura di supporto alle attività culturali e logistiche della città costruito per la provincia di Bologna dopo un concorso vinto nel 1963.
Lo studio di architettura Bassi Boschetti ha costruito una serie di chiese di notevole rilevanza formale e “tecnologica”: la chiesa degli Angeli Custodi in via Colletta a Milano, che anticipava le disposizioni conciliari nella sua architettura, la chiesa di Sant’Andrea a Corsico/Buccinasco alle porte di Milano, una casa chiesa, la chiesa di Sant’Anselmo a Malcantone, nella diocesi di Mantova, un edificio turrito come un castello matildico, l’ampliamento della chiesa di San Giovanni a Saranno (provincia di Varese), ispirata alla chiesa di Santa Maria delle Grazie. Altri numerosi interventi sono stati realizzati dallo studio per conto della diocesi di Milano. A Ferrara l’ultima opera di Carlo Bassi è la chiesa dedicata al beato Giovanni Tavelli da Tossignano a Villa Fulvia, dove i supporti teologici sono ispirati alle chiese orientali (la pianta a croce greca e la cupola con colorazioni esterne la cui ispirazione è giottesca).
Carlo Bassi è autore di alcuni libri dedicati a Ferrara: Nuova Guida di Ferrara, Perché Ferrara è bella, Ferrara, lessico di architettura (Tutti Edizione Cobo).
Ha scritto un romanzo (La morte di Le Corbusier, edito da Jaca Book), e una storia dell’architettura (Percorsi nella storia della città e dell’architettura edizione Bovolenta/Zanichelli).
Carlo Bassi ha ricevuto la medaglia d’oro alla XIII Triennale di Milano e la cittadinanza onoraria di Baltimora (USA).
Tra le mostre più significative che hanno seguito e rappresentato, con grande suggestione analitica, la sua opera architettonica religiosa (realizzata con lo studio milanese Bassi/Boschetti), come non dimenticare, a Casa Cini di Ferrara (ora, purtroppo, distrutta nel suo specifico architettonico e di ambiente culturale): Architetture per nove chiese con fotografie di Rodolfo Molari (Catalogo INTERBOOK―1986), sotto la guida sapiente del direttore dell’Istituto di Cultura don Franco Patruno.
In occasione dei suoi novant’anni e per la sua preziosa presenza e per il contributo che questo intellettuale ha donato a Ferrara, il sindaco Tiziano Tagliani ha consegnato nella Sala Estense in piazza Municipale il premio “L’Ippogrifo – Città di Ferrara” 2013 all’architetto Carlo Bassi.
A cui l’architetto ha voluto rispondere con una profonda e suggestiva riflessione sulla “bellezza” e sulla “città”.
Maria Paola Forlani
Testo dell’intervento di Carlo Bassi nella sera del 9 dicembre 2013 in occasione della consegna del premio “Città di Ferrara – L’Ippogrifo”
La grandezza di un’opera letteraria la si scopre nella successione dei tempi della lettura, viceversa è la concentrazione dei tempi della visione che ci fa scoprire la grandezza delle opere di arte figurativa.
Mi chiedo: ma quale è il tempo per poter cogliere le bellezza di una architettura grande come la città?
Quando ci muoviamo nelle sue strade la città si sfoglia come un libro, come un testo letterario ma alla visione essa presenta la concentrazione dei tempi che ha un dipinto; e questo per ciascuna delle pagine che sfogliamo.
Non a caso un Maestro come Giulio Carlo Argan ha teorizzato la storia dell’arte come storia della città “essendo l’arte”, sono parole sue, “attività tipicamente urbana, costitutiva della città e non solo inerente ad essa”.
E conclude: “lo spazio figurativo non è fatto solo di quello che si vede ma da infinite cose, storie, fatti accaduti, avvenimenti che si conoscono e che si ricordano ed che hanno comunque e in qualche modo lasciato un segno”.
È su questo principio, a mio avviso veramente aureo, che si dovrebbe costruire una corretta cultura della visione e della interpretazione della città.
Una cultura che non sia basata solo sulle date e sulla successione degli avvenimenti, necessaria ma di solito noiosissima, che privilegi e includa proprio le infinite cose, le storie, i fatti, che si sanno e che si ricordano, tutti i possibili confronti inerenti a quel luogo specifico, a quell’area urbana, a quel particolare edificio.
Faccio alcuni esempi.
Il campanile del duomo e l’abside rossettiana sono un tema straordinario sotto molti aspetti. Visivo perché mette in rapporto due “rinascimenti”; tecnico: quanti pali di legno infissi nel fango reggono da 700 anni le due moli imponenti? Storico: come era l’abside prima di Rossetti e il suo assetto prima e dopo le bombe e la collocazione della “Madonna di Piazza” e il ricordo dei morti civili durante l’ultima guerra e che senso ha la esercitazione in chiave classica del disegno albertiano del campanile stesso? e ho indicato solo tre argomenti propri di quel luogo.
I temi, le “pagine” da sfogliare sono innumerevoli, faccio altri esempi: Il campanile di San Giorgio. È stato il primo segno fisico di identità dei ferraresi divisi dal loro Vescovo dal corso del Po, ha alla sua base la tomba del principe dei pittori dell’Officina ferrarese Cosmè Tura. Leggere insieme queste ‘figure’ e le storie relative produce a mio avviso suggestioni infinite. Ancora. Immaginare il sogno di Andrea Bolzoni di completare il disegno dell’Addizione e come ha pensato di dare ad esso una realtà che è così perdurante nel tempo. E tralascio la citazione di un tema che mi è caro come quello della astrologia a Schifanoia e nella collocazione del palazzo dei Diamanti per non turbare i sonni degli storici duri e puri. Ma che avrebbe possibili infiniti rimandi di storia, di letteratura, di poesia.
Come ho detto, entrando in questo modo di connettere temi e problemi sono tanti gli argomenti complessi che si possono affrontare e, se condotti con un’ottica che chiamo inclusiva cioè di analisi di immagini, certamente sostanziate di storia, ma soprattutto produttrici di interrogativi, di ricordi, di confronti e alla fine cariche di poesia, (perché è proprio questo l’obbiettivo da raggiungere) possono diventare struttura di un grande disegno di “cultura alta” da far nascere nelle scuole. Due ore alla settimana di queste performances condotte da docenti capaci e sensibili a queste inclusioni di temi, addestrati a questa visione di storia dell’arte e della poesia come storia vera della città, farebbero e sarebbero a mio avviso, un avvenimento nuovo e determinante, al di là dei festival, della cultura in piazza e di altri moderni modi di proporla al grande pubblico, di un nuovo clima, a crisi superata, capace di imporre la cultura come tema prioritario per la economia della città. Città che oggi vediamo nelle feste e nelle domeniche invasa da turisti ‘mordi e fuggi’ ma fra i quali pare difficile trovare la presenza attiva dei cittadini ferraresi.
Carlo Bassi