Yoani Sánchez mi ha stupito, alcuni giorni prima della storica stretta di mano di Barack Obama a Raúl Castro, avvenuta a Johannesburg, durante i funerali di Nelson Mandela, evento epocale, salvo non si voglia dar credito alle battute dei comici (“Mi sa che non l’ha riconosciuto!”, ha detto Fiorello). Mi ha stupito perché dopo tanti pezzi dimenticabili, giornalismo di modesto livello, dalle fontane che non buttano più acqua ai pezzi di maiale che tardano ad arrivare sul mercato, ha sfornato un lungo articolo, quasi un saggio dal tono cupo e pessimista. “Ogni frustrazione è figlia di un eccesso di aspettative”, potrebbe essere la chiosa del testo scritto da una Yoani con i capelli bianchi, scettica e disillusa. “Questo sistema è ormai morto”, dice “ma è ancora un morto vivente di cinquantaquattro anni”. La blogger afferma di non credere alle soluzioni facili. Sa che arriveranno tempi duri. Non ci sarà un muro di Berlino, ma una trasformazione grigia e burocratica. Non solo, ci dice che nel futuro tutte le bugie saranno svelate (il paese più colto del mondo, la mortalità infantile…) e ci saranno persino i nostalgici castristi. A noi italiani non racconta nulla, vero? I nostalgici del fascismo sono ancora in Parlamento, camuffati o meno, così come le balle dei treni che arrivavano in orario e della grandezza imperiale sono state presto smascherate. “Quando c’era lui, caro lei!”, è un refrain con cui ho convissuto fino a oggi. Yoani prevede sin d’ora la stanchezza e la noia della democrazia, sa che i cubani smetteranno presto di votare (non hanno ancora cominciato!), vaticina che non tarderanno a rifiutare il ruolo di cittadini. Arriverà un nuovo populista.
Non ci racconti niente, cara Yoani. In Italia – dopo il fascismo – abbiamo mai avuto una democrazia compiuta? Siamo passati dai governi per procura dei democristiani (amministravano l’Italia per conto degli Stati Uniti e della Fiat) al populismo berlusconiano che guidava il Paese come un gigantesco network televisivo. E adesso siamo ancora alla ricerca del nuovo populista, di chi la spara più grossa, ma la sa raccontare.
Parli di valori, Yoani? Forse in Italia esistono i valori? Ne ha diffusi di più la Rivoluzione Cubana, almeno in teoria. Il consumismo contagerà Cuba, dice Yoani, come ha contagiato ogni democrazia occidentale, forse anche lei se n’è resa conto, da quando gira per il mondo. L’economia governerà Cuba, come governa l’Europa e gli Stati Uniti. Il Dio denaro al posto del Capitale e del comunismo, o di quel che resta dell’idea comunista. I vecchi gerarchi cambieranno divisa, com’è accaduto in Italia dopo la fine del fascismo. Conosciamo la storia, dopo il 25 aprile tutti erano antifascisti. A Cuba saranno tutti anticastristi e chiederanno un premio per aver contribuito a far cadere il regime. La conclusione è che il futuro potrà essere peggiore del presente per mancanza di preparazione e per assenza di un tessuto sociale forte. E allora? Non si comprende il motivo per cui Yoani abbia scritto questo pezzo. Forse per mettere le mani avanti, per poter affermare, di fronte a eventi prevedibili, quanto poco auspicabili: “Io ve l’avevo detto”. Certo, Yoani, la democrazia è difficile, è una sfida che si combatte ogni giorno contro noi stessi e contro le tentazioni autoritarie. Il problema è che tu scrivi certe cose per preparare una giustificazione al futuro, perché sai bene che a Cuba il tasso di politicizzazione è molto basso e che la maggior parte dei cubani pensa soltanto a chiamare i parenti residenti all’estero per farsi mandare denaro e cerca di lavorare il meno possibile. Un popolo simile non scenderà mai per strada a reclamare libertà. Un popolo simile sta bene sotto un regime populista, che tutto sommato consente a molti di vivere discretamente e ad altri di sopravvivere facendo poco o niente. Il resto della popolazione, invece, sogna soltanto la fuga, l’Europa, gli Stati Uniti, ma non per nobili ideali, il solo motivo che guida l’esodo in massa è il denaro, il consumismo, il sogno del benessere. Salvo rendersi conto che nel punto di approdo prescelto, lontano dal castrismo, bisogna lavorare. Ecco, a questo i cubani proprio non sono preparati e a tale prospettiva spesso si ribellano. E tornano in patria, dove in un modo o nell’altro riescono a inventare il modo per tirare avanti. Ne ho conosciuti tanti così, qualcuno di questi esemplari viveva vicino a casa mia, cubani rientrati al paesello dove tirano avanti senza fare niente con i soldi di appartamenti italiani dati in affitto.
Troppo pessimista? Realista, direi. E non ditemi che sono un sognatore quando sono pessimista. No, perché i capelli bianchi li ho davvero, la mia non è finzione letteraria. Il sogno d’una cosa lo lascio agli altri. E se ho bisogno d’un mito rileggo Pasolini o traduco un inedito di Guillermo Cabrera Infante.
Gordiano Lupi