Scordatevi che la poesia sia polverosa accademia o sterile astrazione o laboratorio formale fine a sé stesso. La poesia è fenomeno vibrante, anche sfibrante se occorre, è il sangue della vita che scorre impetuoso, che irrora i giorni. Emozioni e meditazione intellettuale in sinergia e felice antitesi. E la forma? Nulla vieta che la scintilla passionale della poesia, il suo pensiero caldo, la gioia panica che svela o l'essere dolente che rivela, si coniughi con la scintillante forma.
Intanto sgombriamo il campo dagli equivoci: la poesia non è un fatto snobistico, un'esclusiva di aristocratici del sapere. È popolare e democratica. Non crediate all'inganno che essa possa essere appannaggio di pochi fortunati e privilegiati. Ne è prodigioso testimone quel fenomeno che va sotto il nome di Poetry Slam, ossia un'esibizione-gara-duello fra autori poi giudicati dal pubblico. Una competizione vera e propria, a eliminazione, agonismo, in cui tuttavia non risaltano soltanto le prestazioni – c'è chi più di altri è vocato alla lettura/interpretazione di fronte a una platea che interagisce, non muta bensì partecipativa –, ma emerge anche, indubitabilmente, una superba originalità di contenuti. E nuove forme espressive, non ingessate, nelle quali la ricerca va di pari passo con la capacità di esplorare la realtà così ardua e multiforme dei nostri giorni.
Nata negli Stati Uniti, la Poetry Slam è stata importata in Italia da Lello Voce e qui sta conoscendo notevole fortuna. Voce è il riconosciuto pioniere della Poetry Slam nel Bel Paese e il suo pensiero è ben estrinsecato nell'intervista leggibile in incastRIMEtrici, vol. 3, curato da Marco Borroni e dato alle stampe da Arcipelago Edizioni (2013, pp. 432, euro18,00). Un libro assai esaustivo di una materia che pur per sua natura non conosce confini né limiti.
Un'antologia che contiene le voci dei principali slammer del patrio suolo, interventi critici, interviste. Peraltro nelle pagine sono presenti anche i rapper. Le due arti difatti s'incrociano. Nel segno dell'oralità e non solo.
Nella ricca introduzione viene richiamato pure Edoardo Sanguineti, che fu poeta sempre in viaggio verso l'orizzonte, sperimentatore senza pari, maestro della lingua, virtuoso senza cadere nel vuoto.
a mia moglie... «ti esploro, mia carne, mio oro, corpo mio, che ti spio, mia cruda carta nuda che ti segno, che ti sogno, con i miei seri, severi semi neri, con i miei teoremi, i miei emblemi, che ti batto e ti sbatto, e ti ribatto, denso e duro, tra le tue fratte, con il mio oscuro, puro latte, con le mie lente vacche, tritamente, che ti accendo, se ti prendo, con i miei pampani di ruggine, mia fuliggine, che ti aspiro, ti respiro con le tue nebbie e trebbie, che ti timbro con tutti i miei timpani, con le mie dita che ti amano, che ti arano, con la matita che ti colora, ti perfora, che ti adora, mia vita, mio avaro amore amaro: io sono qui così, la zampa del mio uccello, di quello che ti gode e ti vigila, sono la papilla giusta che ti degusta, la pupilla che vibra e ti brilla, che ti tintinna e titilla; sono un irto, un erto, un ermo ramo, io che ti pungo, mio fungo, io che ti bramo: sono pallida pelle che si spella, mia bella, io, passero e pettirosso del tuo fosso: io la piuma, io l’osso, che ti scrivo: io, che ti vivo».
(E. Sanguineti, L’ultima passeggiata-Omaggio a Pascoli, 1982)
Un autentico slammer, il Sanguineti. Un palco perfetto, il suo.
Poesia orale e Ottava Rima, Slam e Rap... una disamina completa e quante suggestioni infinite a colmarci l'anima! E anche la tecnologia ci giunge in aiuto. Difatti tutti i testi sono affiancati dal relativo QR Code: appoggiandovi, per esempio, uno smartphone, questi legge e decodifica il QR aprendo il collegamento con youtube e potendosi godere il video contenente la relativa performance autoriale. Grandissima scelta.
Torniamo ora all'intervista con Lello Voce: «... comporre testi destinati all'oralizzazione è compiere un'operazione anche intimamente letteraria e non solo performativa, o di neoreale naiveté, intanto giacché questi testi nascono scritti e 'anche' scritti restano, poi perché essi avranno caratteristiche letterariamente assolutamente nuove, anche e precisamente nel loro essere dei testi scritti e non solo nel loro realizzarsi in questa o quella 'oratura', dato che la loro destinazione finale, che è orale, ne muta profondamente anche le forme scritte, alfabetiche.
Che la maggioranza dei nuovi poeti italiani e praticamente la totalità degli editori si ostinino a far finta di niente, non danneggia soltanto la poesia orale e i suoi autori, ma tutta la poesia, nella sua capacità di essere presente al suo presente, cioè radicalmente inattuale, capace di immaginare un pubblico che ancora non c'è e di aprirsi al futuro, invece di continuare, manierismo dopo manierismo, nell'estenuata imitazione di ciò che già c'è o che già c'è stato.
Comporre poesia è un atto prepotentemente identitario...»
Aggiungiamoci che il Poetry Slam – con i suoi interpreti quali disturbatori di quiete – è terreno assolutamente fertile per i temi della controcultura e dell'impegno civile. Ciò che non proibisce la soluzione intimistica, ma con un impatto ben superiore: «Di notte mi sveglio/ di soprassalto/ per un incubo.// Vedo la mia anima/ in giro per la stanza.// Faceva una passeggiata/ e non ha fatto tempo a rientrare dentro di me.// È un piccolo cane ungherese/ dal manto color baio.// Mi corre incontro/ apro le ossa/ e la faccio entrare.// Nella notte/ la mia anima/ a cuccia dentro l'armadio del corpo.// Sogno:/ un albero davanti al ristorante cinese/ con fiori rosa e strisce di alluminio/ tu che ordini un piatto piccante/ vento che sposta polvere, pieno di fascino.// Sogno:/ una canzone che forma una scala/ che mi porta lontano/ e tanta polvere/ e un arcobaleno appiccicato al muro». (Cane ungherese, Francesca Genti)
Talora, al contrario, ci si arrampica per i più arditi sentieri espressivi: «In noi, s'impernia Galla Placidia, mosaico/ di cellule staccate dall'arcobaleno/ in noi, s'infuria Giovanna d'Arco, alla testa/ di giuste, schierate ed apocalittiche, arse/ vive per le stregonerie dei loro boia/ in noi, il tempo ha succhiato il midollo del mondo/ per farne il geniale pozzo di San Patrizio/ in noi, ruota la scala della sapienza infinita, poggia/ la colonna: serpente a sonagli affamata di popoli/ antichi e moderni ingoiati come patatine ed hamburger...» (Colonna vertebrale n° 9, Dome Bulfaro)
Imperdibile anche la sezione Rapper... un tuffo fuori dallo stantio, in una realtà estremamente dinamica, dove una grandissima attenzione è prestata ai testi, versi sovente funambolici e, insieme, iconoclastici e acuti e affilati come punte e lame di pugnali: «Diario di bordo/ giorno 01/ the day after, apocalypse now/ beware/ trasmigrano i pensieri/ sulle strade del giorno seguente/ ora che/ tutto crolla intorno a me/ resto cosciente/ mentre/ lascio alle spalle ogni riflesso/ e rimorso di un tempo/ luci/ nuovo percorso./ Spazio/ capolinea/ ultima frontiera/ danzeremo sui resti di questo mondo/ che respira ancora/ grida, rabbia/ post apocalisse/ guarda su nel cielo/ questa è l'ultima eclisse/ siamo risorti dalla morte in un giorno/ ma il giorno dopo ogni visione fa ritorno/ e ancora/ dopo l'esplosione tutto si ricrea/ come un'onda che si frange e torna nella marea/ in quest'eterna danza della creazione/ la vita si rigenera dalla stessa distruzione/ come/ questa ruota infinita è la tua vita/ brividi lungo la schiena/ contemplo shiva/ dimmi chi ha ragione/ chi torto/ non si è riusciti a mettere tutti d'accordo/ io son già morto/ ma porto messaggi di pace/ a questo mondo che muore, vede e tace/ alimento la brace, apro il torace/ rivivo i ricordi di un tempo...» (Catastrofi (The Day After), Maury B)
Completano il libro una bibliografia, una discografia e una sitografia.
«Sarò matto./ Ma voglio essere chi voglio:/ cane, Luca o ratto,/ la parola fine sul foglio/ e non lo scemo che mi guarda allo specchio». (Ergo Sum, Filippo Saccardo)
Slammo e rappo, ergo sum...
Alberto Figliolia